L’ipocrisia sul contante
L a discussione sulla dematerializzazione del denaro continua a ripiegarsi sul basso gradino della contrapposizione ideologica sul contante e non sulla sostanza del fenomeno e sui reali impatti di quanto sta avvenendo ai nostri soldi. Premesso che in uno Stato di diritto è giusto pretendere che la legge venga rispettata, la spada è impugnata soprattutto dai crociati che combattono l’evasione fiscale del piastrellista di turno.
T oglietegli il contante, non potrà più fare il furbo!, si pensa, senza peraltro accorgersi che la vera, massiva evasione viene compiuta dai grandi operatori internazionali, siano essi finanziari o di qualsiasi altro settore, sanità e chiese comprese. La grande multinazionale che opera scivolando sopra confini, dazi e barriere come un hovercraft a cuscino d’aria, massimizzando i propri margini speculativi (stiamo subendo ad esempio quelli dell’energia a opera di Stati come l’Olanda e la Norvegia) e decidendo dove lasciare porzioni di valore aggiunto oppure zavorra, questo è il vero grande evasore della storia attuale. Attenzione: possiamo decidere in fretta (e questa volta seriamente) di combattere il nero e l’economia sommersa cancellando il contante, ma dobbiamo essere coscienti che questo comporterebbe l’impoverimento di vasti strati della popolazione italiana, soprattutto al sud; la perdita di un contributo sostanziale al nostro Pil (ebbene sì, anche l’economia sommersa contribuisce); la delega di tutte le nostre transazioni a operatori pervasivi ma opachi come la nebbia.
Giacché non ci siamo neanche accorti che una nuova dipendenza strategica ci sta drogando. Tra i venditori e i compratori, le categorie che hanno fatto la storia economica e che ancora oggi occupano la scena accademica e mediatica, si è interposta infatti la terza potentissima categoria degli intermediari finanziari, dei “passadenaro” (cito Brett Scott), molto meno conosciuta e dibattuta. Se io per il mio lavoro ricevo moneta e con questa compro il pane dal panettiere d’angolo, la transazione diretta rispetta non solo i manuali economici del libero mercato, ma anche un concetto più profondo di libertà: i soldi sono miei, frutto di lavoro e non di crimine, sono libero di non usarli e tenerli sotto il materasso o di spenderli come più m’aggrada. Ancora, se sono un nullatenente posso comunque comprare del pane con due monete, pur non avendo né un conto in banca, né una carta di credito.
Molto più difficile parlare di libero mercato e libertà quando invece si è costretti a utilizzare una rete di “guardiani dei pagamenti” che non solo usufruiscono di percentuali di intermediazione, ma che potrebbero esercitare un’azione commerciale sui nostri metadati (profilature, statistiche, previsioni) e soprattutto di controllo sui nostri dati sensibili e di indirizzamento delle nostre decisioni di spesa.
Sposare un’economia non più basata sulla moneta ma su pagamenti dematerializzati vuol dire delegare in bianco a terzi un ganglio vitale della nostra economia (della nostra vita), dunque della nostra sovranità come Paese e della nostra libertà come cittadini. Chi controlla i “controllori dei pagamenti” quando la dematerializzazione porta a utilizzare centri dati remoti (le famose “cloud”, nuvole), intelligenze sovraordinate, reti che non hanno confini fisici, algoritmi non concordati con gli utenti, estrazioni di dati che si perdono in rivoli non tracciabili?
Tutto è tecnologia, comodità e miracolo. Ma cosa succederebbe se un “guardiano dei pagamenti”, magari un o dei tanti operatori privati ultimamente apparsi nel mercato, diventasse portatore di interessi contrastanti? Colpire i singoli limitando le decisioni economiche sarebbe il minimo (sta forse già capitando?); influire sui sistemi centrali e sui dati su larga scala costituirebbe un successivo passo, e non certo di hackeraggio; favorire ad esempio flussi diversi (di denaro, merci, persone, turisti, ecc.) verso certe destinazioni piuttosto che altre configurerebbe obiettivi e connotati politici. Domando: noi ne saremmo consapevoli, concentrati come siamo sul nostro particolare, abituati a subire le nostre micro vessazioni quotidiane? Ci siamo forse accorti del cambiamento epocale già avvenuto nel contesto transattivo mondiale con la prepotente entrata in scena del terzo attor giovane?