I l riconoscimento nella Costituzione dello svantaggio strutturale che deriva dalla condizione di insularità costituisce senza dubbio lo strumento più idoneo per porre le basi del riequilibrio della Sardegna rispetto alle altre regioni d’Italia. Questo perché solo l’affermazione di tale principio - che poi costituisce una declinazione dei principi di uguaglianza sostanziale e pari opportunità - consente di mettere in sicurezza i provvedimenti di “favore” che dovranno essere adottati dal legislatore (nazionale e regionale) per incentivare lo sviluppo della nostra Isola.

L a proposta di legge prevede che, dopo il quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione, sia inserito il seguente: «Lo Stato riconosce il grave e permanente svantaggio naturale derivante dall’insularità e dispone le misure necessarie a garantire una effettiva parità ed un reale godimento dei diritti individuali e inalienabili». L’obiettivo è quello di favorire il riequilibrio economico e sociale, attraverso risorse e interventi, anche fiscali, in particolare nei settori dei trasporti e dell’energia. In questa prospettiva l’inserimento del principio di insularità in Costituzione rappresenta una straordinaria vittoria di tutti i sardi. Non è una richiesta di assistenzialismo ma una richiesta di dignità. Il ragionamento alla base della proposta di legge è molto lineare: essere un’isola comporta un grave e permanente svantaggio naturale e quindi notevoli costi aggiuntivi che devono essere compensati in nome della coesione nazionale.

Il problema non era sfuggito ai padri costituenti che, al terzo comma dell’articolo 119, inserirono un puntuale riferimento alla condizione delle isole che venivano considerate realtà svantaggiate. Tuttavia, con la riforma del 2001, è stato eliminato dall’articolo 119 ogni riferimento all’insularità, senza peraltro ridisciplinare la condizione delle zone insulari. E la cosa singolare è che, negli stessi anni, attraverso la normativa comunitaria e i trattati internazionali, si andava verso il riconoscimento del principio di insularità. Peraltro l’Unione Europea, nel contempo, con la disciplina sulla concorrenza, spesso, frenava l’erogazione degli incentivi economici e fiscali volti al riequilibrio del gap strutturale di cui parti del territorio nazionale (ed in particolare le isole) risentono.

Intendiamoci, l’Europa, anche sulla base dei principi contenuti nel Trattato di Amsterdam, ritiene necessario colmare il ritardo delle aree meno favorite, come le isole, e prevede politiche destinate ad aiutare le stesse. Ma tutto ciò non è bastato agli Stati membri, quando hanno deciso di soccorrere con specifici provvedimenti i territori svantaggiati, per non cadere nei divieti previsti in materia di aiuti di Stato.

Che fare? Qual è lo strumento per fendere le strette maglie della disciplina sulla concorrenza e colmare gli svantaggi che derivano dalla condizione di insularità? La risposta è una sola: inserire il principio di insularità nella Costituzione, facendolo diventare parte di quell’identità costituzionale/nazionale sovraordinata ai trattati e, di conseguenza, alla disciplina sulla concorrenza. In virtù di quale ragionamento? Si deve partire dal Trattato di Maastricht laddove afferma che “L’Unione rispetta l’identità nazionale dei suoi Stati membri”: richiamo all’identità nazionale che deve essere letto come riferito alla Costituzione nazionale. Quel richiamo implicito alle costituzioni, del resto, viene esplicitato all’articolo 174 del Trattato di Lisbona che, secondo l’interpretazione corrente, fa si che la preminenza del diritto europeo venga meno ogni qualvolta entri in conflitto con le strutture fondamentali delle costituzioni nazionali.

In siffatto contesto, la proposta di legge di iniziativa popolare per la modifica dell’articolo 119 della Costituzione ha avuto il pregio di portare al centro del dibattito nazionale il tema dell’insularità e delle pari opportunità dei cittadini residenti nelle isole. Il punto d’arrivo non dovrebbe limitarsi all’introduzione di regimi di vantaggio ma dovrebbe tendere al superamento dei limiti rigorosi imposti dall’Unione europea che hanno inciso pesantemente anche nella definizione del modello di continuità territoriale. La modifica dell’articolo 119 della Costituzione può quindi concorrere a definire l’identità nazionale italiana e consentire anche deroghe al regime degli aiuti di Stato che legittimino l’introduzione di misure efficaci per il rilancio dell’economia della Sardegna.

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