D a poche settimane, i politici di tutt’Europa hanno scoperto che è tornata l’inflazione. La tempistica è un po’ curiosa: è almeno dall’estate del 2021 che i segnali sono inequivocabili. Pesa ovviamente l’opinione dei banchieri centrali, che hanno a lungo sostenuto che si trattasse di un fenomeno temporaneo, legato al solo prezzo delle materie prime.

Niente di nuovo: in occasione di episodi di inflazione, da principio prevale sempre l’idea che si tratti di “fiammate” improvvise e destinate a spegnersi rapidamente. Questo perché noi tutti, siccome siamo esseri umani, tendiamo a vedere il dito e non la luna: l’aumento dei prezzi, e non ciò che l’ha causato.L’inflazione, diceva uno dei più grandi economisti del secolo scorso, Milton Friedman, è sempre un fenomeno monetario. Ma come, non sono state la forte ripresa della domanda dopo la pandemia prima e la guerra poi a spingere al rialzo i prezzi dell’energia? Friedman non negava certo che gli eventi condizionassero la disponibilità dei beni e, dunque, i prezzi. Ma l’inflazione, cioè un aumento non omogeneo ma generalizzato del livello dei prezzi, ha a che fare col rapporto fra disponibilità di beni e servizi e moneta. Se la disponibilità di moneta aumenta molto, i prezzi salgono.

Questo nel breve termine può avere un effetto “dopante” su un’economia. Coloro (e non sono pochi) che negli ultimi anni volevano più inflazione pensavano proprio a questo: ad aumenti repentini dei prezzi, che invogliassero le imprese ad accrescere l’attività e assumere più persone.

Q ueste “fiammate”, che dovrebbero spingere la crescita, dovrebbero però essere momentanee e soprattutto venire spente quando opportuno. Cosa più facile a dirsi che a farsi.Perché l’inflazione è un problema? Se i prezzi crescono, mese dopo mese, le persone fanno più fatica a pianificare le proprie spese e la propria vita. Sono incentivate a spendere anziché a risparmiare. Inoltre, tutti i prezzi crescono ma non tutti nello stesso momento. Questo rende ancora più difficile immaginare come le cose andranno domani e, quindi, rende ancora più complicato fare attività economica.Le conseguenze distributive tendono a essere anch’esse nefaste. Chi vive di un reddito fisso o di una pensione avverte di più l’inflazione, finché a un certo punto (per pressione sindacale o politica) il suo reddito nominale non viene anch’esso accresciuto. Ma è un gioco di specchi: non guadagna di più, semplicemente ha bisogno di più quattrini per sostenere lo stesso livello di spesa di ieri. Questa serie di aggiustamenti è, alla lunga, insostenibile, come dovremmo ricordare dagli anni Settanta.Dal 2010 in avanti, le banche centrali hanno inondato di liquidità i mercati. Hanno, come si diceva in un’altra occasione, “stampato moneta”, mettendola a disposizione delle banche che avrebbero dovuto farne uso per sostenere progetti e imprese. Da allora, i tassi di interesse sono sempre rimasti o molto bassi o addirittura negativi, per la prima volta nella storia del mondo.Era così imprevedibile il ritorno dell’inflazione?Alcuni pensavano che a crescere fossero solo i prezzi degli asset, e soprattutto delle azioni scambiate in borsa. Poi è arrivata la pandemia, nella quale l’attività economia si è fermata e i governi hanno dovuto sostenere il reddito delle persone: dando loro sussidi e ristori, finanziati emettendo titoli di debito acquistati dalle banche centrali cioè, di nuovo, "stampando moneta”.Una persona che vive del sudore della sua fronte tende a essere oculata nelle sue spese: associa le risorse a sua disposizione con la fatica che ha fatto per ottenerle. Un bambino che riceve la mancia dai nonni spende felicemente. In molti hanno considerato i sussidi alla stregua di mance e si sono dati a spese che altrimenti non avrebbero affrontato, facendo salire i prezzi. L’immissione di così tanto denaro nell’economia da parte dei governi, assieme alla liquidità delle banche centrali, ha messo troppo fieno nel pagliaio. I prezzi dell’energia sono stati il cerino che ha fatto divampare l’incendio.Queste cose sarebbe bene dirsele, per non affrontare il problema con gli strumenti sbagliati. Il carovita non può essere sconfitto con bonus generalizzati, che tamponano i problemi delle famiglie ma immettono altra liquidità nel sistema. Nel breve servono misure per i più deboli ma nel medio termine bisogna accettare la prospettiva di una stretta monetaria.Con un grosso problema. Sinora le due banche centrali dell’Occidente, Fed e Bce, sono andate più o meno di pari passo. Ma negli USA l’economia era già tornata ai livelli pre-Covid e, nel corso degli anni, ta ssi bassi e iniezioni di liquidità sono state utilizzate soprattutto per mantenere a livelli esorbitanti Wall Street, alla quale forse si può, oggi, chiedere pegno. In Europa le politiche monetarie non convenzionali della Bce sono servite soprattutto a tenere a galla gli Stati, l’Italia più di tutti.

Direttore dell’Istituto

“Bruno Leoni”

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