L ’invasione russa dell’Ucraina costituisce la più grande operazione di guerra in Europa dopo il 1945, che potrebbe mettere a serio rischio la ripresa dell’economia mondiale. È l’opinione della prestigiosa rivista “The Economist”, che fa notare come la guerra abbia innescato la doppia crisi inflazionistica dei prezzi dell’energia e di altri beni primari a livello internazionale, semplicemente riducendo o minacciando di ridurre le forniture di alcune materie prime di provenienza russa. Il che ha posto all’Europa l’esigenza di come fronteggiare la potenziale carenza di forniture russe con altre equivalenti di Paesi non coinvolti dalla guerra in atto.

Allo stesso tempo, le contromisure adottate dall’Occidente come ritorsione contro la Russia sono state talmente dirompenti per l’economia russa (valutata nell’ordine di 1.600 miliardi di dollari) da indurre il presidente russo Vladimir Putin a minacciare il ricorso alle armi atomiche. Le contromisure occidentali, inoltre, di fatto hanno provocato un immediato immiserimento dell’economia russa tale da indurre la Cina a riflettere sulla convenienza di una ipotetica invasione di Taiwan, costringendola a rifarsi i calcoli dei potenziali effetti negativi sulla sua economia di ritorsioni analoghe da parte dell’Occidente. La priorità occidentale, pertanto, è diventata innanzitutto quella di vincere il confronto con la Russia sul piano economico, stando attenti ad evitare, in un secondo tempo, di far scivolare l’intero Occidente in una condizione di autarchia economica.

I n questo contesto, il ministro della Transizione energetica, Roberto Cingolani, in una recente intervista, si è incaricato di esporre quale sia la posizione del nostro Paese al riguardo.

L’Italia, sostiene il ministro, paga l’errore di essersi totalmente appiattita sulle forniture del gas russo per oltre il 40% del totale del nostro consumo di gas. Inoltre, un terzo dell’energia consumata nel nostro Paese è costituita da elettricità, che a sua volta è prodotta da gas per il 60%. Non c’è stato quindi un buon approccio al problema energetico da parte italiana, soprattutto perché il nostro “energy mix” è piuttosto povero. Sostanzialmente dipendiamo dal gas, «dunque l’errore è stato doppiamente grave». Giunti a questo punto, serve un piano nazionale di sicurezza energetica per non ritrovarci più nelle condizioni critiche di oggi.

Peraltro, continua il ministro, c’è un’altra situazione da rivedere: vent’anni fa aveva senso incentivare le rinnovabili, che allora erano molto costose. Per favorire questa dinamica si era fissato il prezzo dell’unità di energia, il megawattora, a quello allora più economico del gas, che ora però è molto più caro dell’energia da rinnovabili. Paghiamo in bolletta per questa convenzione per cui si produce energia rinnovabile a bassissimo costo, poi il prezzo va agganciato a quello oggi astronomico del gas. Questo non ha senso, serve solo a far fare profitti molto elevati a Gazprom, l’azienda venditrice del gas russo.

Il problema va risolto a livello Ue, con un prezzo massimo al di sopra del quale gli operatori europei non possono comprare. Al riguardo, c’è già un “Energy compact” della Commissione da approvare.

Resta tuttavia la forte dipendenza dalle forniture russe. Perciò occorre allargare il numero di fornitori, con azioni sia immediate che di medio periodo, ed occorre parlare con i governi dei vari Paesi produttori.

Quanto alle scorte, bisogna arrivare alla fine della stagione con le attuali riserve. «Abbiamo iniziato l’inverno con l’85% di stoccaggi, ora siamo al 20-25%: più di altri Paesi europei». Se l’inverno non dura in modo innaturale e non ci sono cambiamenti catastrofici nelle forniture, non avremo problemi ad arrivare all’estate. Da allora però dovremo accelerare i nuovi stoccaggi in vista del prossimo inverno. E abbiamo già iniziato, in anticipo. «Anche con un eventuale blocco totale di tutte le forniture da Libia, Algeria, Azerbaigian, Norvegia e Russia, abbiamo comunque fino a otto settimane di autosufficienza».

Due mesi sono tuttavia un tempo abbastanza limitato. È evidente che se il conflitto fra Russia e Ucraina dovesse durare ancora a lungo la situazione, dal punto di vista energetico e dei prezzi delle materie prime, diverrebbe di vera emergenza.

Università di Cagliari

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