N on è mai accaduto nella storia politica mondiale: un capo di governo (il fatto che sia una donna in questo caso è del tutto irrilevante) costretto a lasciare il suo compagno per effetto di una campagna giornalistica che indaga sul suo privato.

Se poi si continua in modo analitico e asettico, magari dovendolo spiegare - come è accaduto ieri a me - a colleghi che ti chiamano da Francia e Germania, bisogna aggiungere un altro aspetto decisivo di questa storia: Giorgia Meloni ha dovuto lasciare il suo compagno con una comunicazione via social, sotto la pressione potentissima di una campagna giornalistica, condotta da una testata satirica che è la punta di diamante del gruppo televisivo creato dal fondatore della sua stessa coalizione. Fantascienza: ed infatti dall’altra parte del telefono, quando lo spieghi a quegli stessi colleghi ti rispondono: “Incroyable!”, cioè incredibile.

Difficile trovare dei precedenti storici paragonabili: scrutando negli angoli bui della prima repubblica, c’è il ministro democristiano Attilio Piccioni, costretto a dimettersi dopo “il delitto Montesi”, per i sospetti che si accentrarono sul figlio (poi risultato innocente!). Cercando nella storia della destra (ironia della sorte) ci si imbatte nella vicenda del video, che portò alla rottura tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini (poi deflagrata nel famoso: “Che fai mi cacci?”). Anche quel video, pubblicato da “Striscia la notizia” sull’allora compagna del leader di Alleanza Nazionale era pubblicamente imbarazzante, pur senza contenere illeciti.

L a showgirl Elisabetta Tulliani appariva grottesca mentre parlava con il suo ex fidanzato, il presidente del Perugia calcio Luciano Gaucci, che le chiedeva quale regalo avrebbe preferito fra una Ferrari e una squadra di calcio e un gioiello. Ma la reazione furibonda di Fini all’epoca restò confinata nei retroscena e non produsse nessun addio. Allargando lo sguardo al mondo - invece - c’è il precedente di Francois Hollande la cui credibilità presidenziale all’Eliseo fu minata da una fuga in casco con l’attrice e amante Julie Gayet (la compagna di Hollande Valérie Trierweiler scrisse un libro feroce sull’ex partner). Ecco perché l’unico precedente che tiene insieme dimensione pubblica e rito di umiliazione a mezzo stampa di una donna è quello di Hillary Clinton, colpita dallo scandalo del famoso incontro nello studio ovale tra Monica Lewinsky e Bill Clinton. Ma quella vicenda divenne subito parodia grottesca per entrambi i protagonisti. Ed è diversa per un fattore decisivo: lì il tradimento c’era, ed era provato anche giudiziariamente. In questo caso, invece, non c’è peccato: è l’eterna storia del verosimile che prevale sul reale. E sul campo sono rimaste due vittime. E la loro bambina.

Per provare a dare degli elementi in più su questa vicenda, dunque, dovrò deludere quei lettori che volessero interpretarla (in un senso o in un altro) con le lenti dell’appartenenza politica, sulla base della loro simpatia o antipatia per la leader di Fratelli d’Italia. Ciò che ieri ha costretto Giorgia Meloni a rendere pubblica una decisione così drammatica non è né di destra né di sinistra. È il gesto obbligato di una donna ferita da una campagna di stampa che attraverso l’intercettazione abusiva di fuori onda che acquisivano dialoghi privati carpiti in uno studio televisivo, colpiva sia il suo compagno, sia il suo ruolo di compagna e madre, che la figura pubblica del presidente del Consiglio. Dovendo scegliere tra la propria vita privata e la credibilità internazionale del proprio paese “Giorgia” ha smesso di essere se stessa, per diventare “il” presidente del Consiglio che scrive la parola “fine” alla più importante (fino ad oggi) relazione della sua vita.

Ma ci sono due righe importanti in quel messaggio che è rimbalzato tra i social e le testate giornalistiche, come una bomba, per tutto il giorno. Due righe che restituiscono integralmente la dimensione di questo sacrificio: “Difenderò la nostra amicizia, e difenderò, a ogni costo - scrive la Meloni parlando di Andrea Gianbruno di sua figlia Ginevra - una bambina di sette anni che ama la madre e il padre, come io non ho potuto amare il mio”. Il ruolo pubblico ha reso la coppia Giorgia-Andrea un bersaglio mediatico. Il ruolo istituzionale ha portato la madre a sacrificare il padre. Il dramma privato prodotto da questa collisione ha costretto la figlia Ginevra a rivivere, come una maledizione, lo stesso trauma che così tanto aveva segnato la biografia della bambina Giorgia che fu figlia di padre separato, negli anni Ottanta.

Ecco perché ieri, quando ho letto la dichiarazione di An tonio Ricci secondo cui “la Meloni un giorno scoprirà che le ho fatto un piacere”, mi è tornata alla mente una celebre frase di Oscar Wilde: “Il cinico è un uomo che conosce il prezzo di tutto e il valore di nulla”.

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