D i recente si è svolto a Johannesburg il vertice dei paesi emergenti Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), il blocco di stati che punta ad ampliare la sua influenza per un cambiamento nella geopolitica globale. Al vertice, oltre quelli del club, erano presenti altri 69 paesi, tra cui tutti quelli africani.

Sarebbero almeno 40 i nuovi stati interessati ad aderire al club, di cui 23 hanno formalmente presentato la domanda. Quattordici anni dopo il primo vertice del 2009, i Brics rappresentano ora un quarto dell’economia globale e il 42% della popolazione mondiale.

L' elenco delle lamentele è lungo, tra cui rientrano le pratiche commerciali abusive, i regimi sanzionatori punitivi e una percepita trascuratezza delle esigenze di sviluppo delle nazioni più povere. Si lamenta inoltre il dominio del ricco Occidente sugli organismi internazionali come le Nazioni Unite, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale.

Come ha posto in evidenza una corrispondenza dell’ISPI (Istituto per la Politica Internazionale), la competizione strategica tra Washington e Pechino si combatte anche a colpi di summit: così mentre a Camp David si concludeva il vertice tra Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, Xi Jinping volava in Sudafrica per il summit dei Brics. In assenza di Vladimir Putin, sotto minaccia di un mandato di cattura internazionale, il presidente cinese ha puntato a rafforzare l’influenza di Pechino nel continente africano. «Il tradizionale sistema di governo globale è diventato disfunzionale, carente e dispersivo», ha detto alla vigilia del vertice Chen Xiaodong, ambasciatore cinese a Pretoria, aggiungendo che i Brics «stanno diventando sempre di più una forza di difesa della giustizia internazionale».

L’assenza di Vladimir Putin non è passata inosservata. Il presidente russo è oggetto di un mandato d’arresto della Corte penale internazionale per presunti crimini di guerra commessi dai militari russi in Ucraina e la sua potenziale visita aveva posto un dilemma diplomatico per il Sudafrica, alleato di Mosca di lunga data. La questione si è risolta con l’attribuzione al ministro degli Esteri, Sergey Lavrov, il compito di guidare la delegazione russa. Il vertice si è svolto in un momento difficile per il presidente cinese, alle prese con diverse sfide interne: l’atteso rimbalzo economico di Pechino non c’è stato, mentre occorre fronteggiare lo scoppio di una minacciosa crisi immobiliare e un forte aumento del debito pubblico interno. In mezzo a una diffusa insoddisfazione per gli attuali equilibri internazionali, gli impegni proclamati dai Brics, pur in mancanza di risultati concreti, hanno tuttavia trovato ampia eco e raccolto speranze per una maggiore equità e inclusione.

Almeno finora però le ambizioni del blocco di diventare un attore politico ed economico globale sono state vanificate da divisioni interne e mancanza di una visione coerente. Inoltre, le sue economie, un tempo in forte espansione, stanno rallentando mentre il risultato più concreto del blocco, la New Development Bank, o “banca dei Brics”, ha visto il suo già limitato campo d’azione ulteriormente ostacolato dalle sanzioni internazionali contro la Russia. A ben guardare, come osserva Steven Gruzd dell'Istituto sudafricano per gli affari internazionali, è difficile individuare risultati concreti messi a segno dai Brics. «Un sacco di chiacchiere. Molta meno azione». Infine, come ha osservato Filippo Fasulo, Co-Presidente dell’Osservatorio geoeconomia dell’ISPI, anche all’interno dei Brics vi sono divisioni: l’India si candida a diventare leader del Sud Globale in alternativa alla Cina, e il Brasile cerca di mettere ordine alla volontà cinese di creare un ampio gruppo di paesi, «che se allargato troppo velocemente rischia di perdere effettiva capacità di agire, e punta a rafforzare la banca Brics presieduta dalla brasiliana Dilma Roussef».

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