E di Meloni e Giorgia Rama. È tornata l’Albania, nel nostro immaginario come simbolo delle nostre inquietudini e pietra di paragone dei nostri limiti. Non è più l’Albania di Gianni Amelio, fotografata in un indimenticabile film, “l’America”: volti scavati, masse in fuga, navi gremite di disperazione e speranza. Non è più, insomma, il paese dove l’Italia era l’alfabeto di una lingua imparata dalla tv, e la coronazione di un sogno da emigranti, come furono New York e la statua della libertà per i nostri bisnonni tutti piroscafo e valige di cartone. Quell’Albania che guardava all’Italia come un Eldorado era schiacciata sotto le macerie del socialismo reale prima, e poi sconvolta dal turbocapitalismo tarocco di piramidi speculative che si sgretolavano come polvere, lasciando dietro di sé rovina. Era un paese dove la povertà ti spingeva a partire, e i conti della politica si regolavano come nel Far west, a colpi di pistola e Kalashnikov. Ebbene, sono passati solo vent’anni, oggi quell’Albania non esiste più. Adesso in Albania ci vanno gli italiani, moltissimi, imprenditori e turisti. Oggi, a pochi minuti di traghetto dalla Puglia c’è un paese che si è ricostruito dal grado zero, governato da un premier (socialista) grande come un gigante, che si è formato a Parigi, che faceva il pittore, ed è diventato uno statista. È l’Edi Rama che ci mandava medici e infermieri durante la pandemia, e che ad agosto ha accolto la Meloni come un’ospite d’onore. Il premier albanese è, a suo modo, un personaggio straordinario.

I ntellettuale, creativo, sindaco di Tirana, la capitale a cui ha cambiato faccia in un pugno di anni, abbattendo come un caterpillar qualsiasi ostacolo: prima lanciandosi in questa impresa senza un euro, dipingendo di mille colori i grigi palazzoni delle periferie. Poi trovando risorse per attrarre i migliori architetti italiani e trasformando Tirana in un cantiere dove si lavora giorno e notte per costruire di tutto. E quando gli chiedi: “Ma come hai fatto?”. Lui ride e ti risponde: “Semplice! Ho detto agli architetti: venite a fare qui quello che in Italia non riuscirete a fare mai”. In Albania si cambiano licenze e destinazioni d’uso alla velocità della luce, si impiegano tutti i fondi immaginabili, si costruisce e si ricostruisce. Persino la piramide mausoleo di Enver Hoxa - grazie ad un progetto italiano - sta diventando uno spazio pubblico dove si potrà pattinare. Si capisce benissimo che Giorgia Meloni, impegnata a combattere con mille soggetti politici e amministrativi per non perdere i miliardi del Pnrr (16 sono già andati in fumo), sia colpita da questo leader che teoricamente ha idee opposte alle sue, ma che affronta gli stessi problemi. Per questo la presidente del Consiglio ha trascorso - sorprendendo alcuni osservatori - parte delle sue ferie nella residenza di Edi Rama. Per questo ha pagato il conto di quella famosa cena lasciato inevaso da alcuni nostri connazionali scellerati, come uno sfregio. Non si capisce cosa ci sia di sbagliato, se è vero che là Meloni ha chiesto all’ambasciatore di provvedere, ma ha pagato di tasca sua. Quello che l’Italia ha da imparare dall’Albania di Edi Rama, tuttavia, è molto più importante, ed é questo: 1) assoluta prevalenza dell’interesse collettivo nel progettare e investire. 2) voglia di fare di chi costruisce senza essere zavorrato dalle eredità del passato. 3) demolizione programmatica di tutti gli ostacoli burocratici. Anche per questo, un paese grande come una regione italiana ha potuto diventare “concorrente” del nostro, anche se continua a considerarci - come spiega il suo premier - “fonte di ispirazione e modello”. Se l’Italia vuole tornare a crescere deve imparare da Davide ciò che gli ha consentito di battere Golia. Non è possibile che se abiti a Napoli, a Udine o a Genova, ti costi di meno sbarcare a Tirana che in Sardegna. Non è possibile che un volo di sola andata per Cagliari, o Alghero, possa costare come un viaggio a/r in America. Non si può più accettare che intere porzioni del nostro territorio - dal sud alle isole - diventino un paese di serie B dove le infrastrutture si fermano e le tariffe si impennano per il ricatto dei cartelli di interesse delle compagnie. Ci serve un pizzico di “modello Albania” per tornare ad essere noi stessi: l’Italia che seduce il mondo.

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