S ono passati più di 50 anni da quella Conferenza Nazionale sulle acque che si tenne in Senato nel 1968. Eravamo consapevoli di essere una Paese particolare, visto che venti milioni di anni fa l’Italia è stato l’ultimo lembo di terra ad emergere dalle acque. E tutt'oggi , dopo secoli di bonifiche, ci sono 900 idrovore che tengono a galla varie province del nostro Paese. Ne erano consapevoli anche etruschi e romani; non a caso avevano costruito, a Roma, 11 acquedotti che portavano, allora, tanta acqua, per un milione di abitanti, quanta ne portano oggi per quasi il triplo.

D a allora non è cambiato molto. Anzi, il nostro sistema idrico è invecchiato e si è deteriorato tant'è che le nostre 531 dighe, che hanno una capacità di invaso di oltre 12 miliardi di metri cubi d'acqua, ne contengono in realtà solo 8,7. Oltre un terzo degli italiani non è ancora collegato a depuratori o rete fognaria e dei 34 miliardi di metri cubi di acqua prelevata ogni anno ne giungono alle utenze solo 26, con quindi circa un terzo dell'acqua che viene persa all'interno di una rete idrica che assomiglia molto a un colabrodo.

Perché tanta incuria? Forse questo dipende dall'abbondanza. Infatti, pochi sanno che il nostro Paese è il quinto in Europa per precipitazioni piovose.

Ancora oggi godiamo di circa 300 miliardi di metri cubi di acqua piovana ogni anno, un quantitativo enorme che, come si vede dai danni prodotti dalla recente siccità, non sappiamo gestire affatto. E anche nelle aree meno piovose del Paese, la prima è il Friuli e la penultima la Sardegna, diamo corpo ad una antica espressione che la dice tutta: scialaquiamo. Cioè, buttiamo letteralmente l’acqua di cui avremmo un gran bisogno.

Insomma, c'è moltissimo da fare, a partire dalla pianificazione degli interventi. Anche per evitare la continua rincorsa delle calamità naturali che, senza la dovuta manutenzione del territorio, arrivano puntualmente, come nel caso di Ischia. Basti pensare che, per eliminare i sedimenti che si accumulano negli invasi, abbiamo dovuto, per decenni, caratterizzare gli stessi al fine di poterli smaltire come rifiuto speciale. E infatti solo nel gennaio scorso un decreto ministeriale ha tentato di porre argine a questo problema facilitando lo smaltimento dei sedimenti.

Insomma, è fin troppo banale dire che l'acqua è vita per flora e fauna (noi stessi inclusi) ma anche linfa vitale per tutto il sistema produttivo. Ed è pure energia visto che, fino al 1964, il settore idroelettrico forniva oltre la metà del fabbisogno energetico del paese. Tutto il nostro boom industriale è stato sostenuto in buona parte dal settore idroelettrico il quale, per tutta risposta, è stato trattato malissimo ed infatti la scarsa capienza degli invasi ha anche estremamente ridotto la quantità di energia immessa nel sistema. Cosicché, il surplus di energia prodotta per via solare ed eolica non fa pari col decremento di quella idroelettrica.

Visto che la Sardegna è un'isola e di acqua se ne dovrebbe intendere, possiamo lanciare una importante riflessione sul tema acqua che veda impegnate le classi dirigenti sarde nella definizione di un quadro di interventi sulla materia? O se ne parla solo il 22 marzo, nella giornata mondiale dedicata all'acqua?

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