I n questo passaggio di vita – perché si dovrebbero sempre contare i passi di quanto s’impara e si restituisce – leggo tre libri: Spillover, di David Quammen, sui virus; Agency, di William Gibson, sugli scenari futuri della tecnologia; e Buongiorno Sardegna, di Sergio Zuncheddu.

Avendo appena finito Annientare di Houellebecq e Austerliz di Sebald, credo sia inutile rimarcare la mia idiosincrasia per tutto quanto sia tatticismo letterario, culturale, politico e (lezione degli ultimi due anni) scientifico.

S pillover, finito di scrivere nel 2012, descrive infatti origini e sviluppi dell’attuale pandemia con tale profondità scientifica e precisione da far sorgere il dubbio sulla data di pubblicazione. Dopo un crescendo da noir, l'ultimo capitolo fa letteralmente venire la pelle d’oca perché descrive il futuro: la Sars-Cov e le epidemie che purtroppo siamo destinati a subire prossimamente. Quammen fa piazza pulita di tonnellate di sciocchezze che ci sono state propinate in questi tristi anni per nascondere di fatto le colpe dell’aggressione umana al pianeta e un’impreparazione colpevole e comunque mai risolta della Sanità pubblica.

All’incertezza che quotidianamente ci viene inoculata occorre sostituire la conoscenza delle basi teoriche e delle dinamiche di quello che è in processo (ad esempio il fatto incontrovertibile della zoonosi, della trasmissione batteriologica e virale tra animali e uomo), nonché «il miglioramento delle basi scientifiche, sociali e politiche per indirizzare la capacità di risposta». Quest'ultima frase serve a qualificare la mortale proccupazione che permea l’ultimo capitolo: siamo capaci d’imparare e di cambiare?

Di Gibson ho scritto altre volte perché rappresenta per me il più affilato interprete dei trend futuri che da tecnologici diventano poi drammaticamente sociali. E questo a maggior ragione essendo l’autore convinto che la fantascienza non predica il futuro, ma parli invece del presente. Rara la sua abilità che dispiega nel creare un ambiente, un mondo e i relativi personaggi utilizzando anche un linguaggio proprio, ahimè, e una capacità straordinaria d'immaginazione. Racconta in ogni caso una storia basata sugli sviluppi dell’intelligenza artificiale, su passati abbandonati e squarci di futuri che avrebbero potuto essere. Non solo da Agency, ma dall’insieme delle sue opere traspare comunque lo stesso pessimismo che attraversa tutti i migliori scenaristi: l’uomo sembra aver perso il controllo della scienza e continua a ripetere gli stessi errori di sempre, pur in un contesto che si dilata e diventa vieppiù pericoloso. Da Quammen a Gibson, il filo rosso è il rifiuto di una fideistica accettazione dell’ineluttibilità della scienza, se questa religione è disgiunta da un contemporaneo sviluppo culturale, politico e sociale.

Collocare adesso nella discussione Buongiorno Sardegna è facile, premesso che non intendo fare qui, per ovvie ragioni, la recensione di un libro scritto dall’editore del quotidiano su cui pubblico i miei articoli. Parto invece dall’analisi spietata della situazione sarda, il capitolo “La triste realtà” che in cifre, non in chiacchiere da bar, dovrebbe essere la presa di coscienza di qualsiasi sardo che, denudato dalle varie appartenenze, abbia a cuore il futuro della nostra isola. Questo è lo specchio aggiornato di un territorio arretrato che sempre più si allontana dai penultimi; un’analisi che dovrebbe essere pubblicata ogni anno a gennaio come un bilancio consuntivo di un paese chiamato Entropia, oppure Utopia, e spiegato nei dettagli nelle scuole, a quei giovani a cui ci rivolgiamo ruffianamente senza aver dato loro una formazione adeguata, infrastrutture decenti e opportunità reali.

Se manca una diagnosi è malsano parlare di cura, e di fronte allo sconcerto per lo sbriciolarsi di un paese capisco chi si rifugia in un mondo onirico o virtuale. Posso disegnare e vendere NFT, “non-fungible token”, posso sviluppare realtà virtuali, posso addirittura investire in un’isola nel metaverso, oppure posso scrivere una favola propositiva eppure amara come il sogno di un bambino, al cui risveglio tutto è ancora da fare, niente è stato concluso.

Non abbiamo ancora compreso che dare una delega in bianco al supposto Vertice della Competenza, politico o scientifico, porta a risultati disastrosi che sono pagati da una società spiumata e marginalizzata, e dai nostri discendenti.

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