N on so più se le convenzioni della prosa giornalistica consentano anche a un cittadino qualunque di rivolgere due parole accorate al Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, però penso sia urgente indirizzargliele nella speranza che le legga. In questi giorni, signor Presidente, i suoi toni sulla guerra in Ucraina si sono allineati a quelli sostanzialmente belligeranti del resto d’Europa. Lei sa, perché ha frequentato le cancellerie del mondo, che non basta non combattere militarmente per non essere bellicosi. Io ne sono convinto.

F requento le scuole e le università e dunque so, tragicamente, che in entrambe le guerre mondiali la porta d’ingresso alla trincea e alla prima linea furono, per gli italiani e per i sardi, più le parole che gli interessi nazionali. La retorica bellica ha la mani sporche di sangue nella nostra storia, perché è stata efficace. E allora, senza eroismi, mi creda, perché ho, purtroppo, spiccatissimo il senso della mia miseria, vorrei farle sapere che credo di non essere solo nel scongiurarla di non fare dell’invasione dell’Ucraina una nuova Sarajevo o una nuova Polonia. Non si faccia trascinare nella logica dello scontro di civiltà, perché è falsa, inutile e tragica. Se si vuole davvero lavorare per un equilibrio mondiale fondato su libertà e giustizia, questa gravissima crisi non deve assurgere a innesco di un incendio covato negli anni e ritenuto facilmente inevitabile dai guerrafondai del mondo. Si deve invece contenerla, circoscriverla e lavorare a capire come gestire tutte le crisi del mondo che hanno origine nelle diseguaglianze economiche, nei fanatismi religiosi, nel razzismo, nel malaffare, nell’imperialismo economico.

Potrò sembrarle utopistico e in ultima analisi debole di cultura e di intelligenza, ma credo che, passata la fase acuta delle armi, ciò che l’Europa dovrebbe fare per la pace, tra le tantissime altre cose sia triplicare gli sforzi per i progetti Erasmus. Più europei e russi con un minimo di cultura (non quelli degli yacht e degli champagne, gli altri) si frequentano nelle scuole, più la pace sarà sostenuta da ciò che la fonda e la difende: l’educazione e il dialogo. La prego di non seguire l’Europa nella prova di forza con la Russia. Le sanzioni sono una giusta reazione, ma mi pare che i toni stiano salendo oltre il livello di guardia verso quel clima da resa dei conti che è sempre stato il preludio ai massacri. Non mi fraintenda e non mi iscriva tra gli ignavi. Non ho simpatia per Putin e ho negli occhi tutte le morti dei suoi oppositori. Tuttavia sono cristiano, riesco a guardare in faccia il male senza farmene sedurre e senza lasciargli l’ultima parola. So che talvolta basta dissentire, aiutando gli afflitti e difendendo la giustizia, per vedere lentamente rinsavire i malvagi. Spero nella luce del suo cuore, piuttosto che nelle sue amicizie atlantiche.

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