S corrono, ormai da giorni, le immagini dell’avanzata russa e cresce, ogni ora, la sofferenza del popolo ucraino. Al contempo, si moltiplicano le dichiarazioni di solidarietà, le manifestazioni, la condanna di mezzo mondo a Putin. Così un fiume di parole si contrappone all’inesorabile evoluzione dei fatti, come se il pensiero, la voce, potessero fermare gli eventi. E lenire le sofferenze degli ucraini che, nel frattempo, restano, cinti d’assedio, inesorabilmente soli. L’occidente, presente via etere e assente sul campo, riscopre almeno la sua identità.

C iò avviene sotto la bandiera delle democrazie liberali che (ora è più chiaro) si dividono il mondo con comunità altre, molte delle quali autocratiche ed espansionistiche. Ed emerge ancora lo stupore, la meraviglia, negli occhi di chi si è abituato, da molto tempo, a guardare il suo ombelico, trascurando il mondo circostante ed omettendo di prepararsi ad affrontare vicende straordinarie che straordinarie non sono, essendo lì da anni, a richiamare la nostra attenzione.

Solo negli ultimi vent’anni non si contano infatti i condizionamenti, i sabotaggi, le manomissioni della democrazia ucraina, non tutti, per la verità, eterodiretti. Sin da quella rivoluzione che, nel 2004, aveva colorato di arancione le strade di Kiev e di quella piazza principale che si intitola, non a caso, all’indipendenza. Si è visto di tutto, compreso lo sfregio di avversari politici troppo telegenici, come accadde all’allora leader Viktor Juscenko. Poi la cacciata di Janukovyc, il raid in Crimea ed i fatti del Donbass, di cui i media occidentali, in tutti questi anni, mai si sono occupati.

E così, nell’apparente normalità dei fatti, nessuno ha previsto che aver sottratto milioni di cittadini russofoni e russofili alla partecipazione democratica avrebbe rafforzato (non indebolito) la componente nazionalista ucraina ed i relativi governi. Nessuno si è dunque avveduto che le manovre russe, in tutti questi anni, avevano aperto una via senza ritorno, destinata a sfociare in un conflitto più ampio.

Insomma, non ci eravamo accorti che in quei territori, distanti da Mosca come Roma da Milano, era stata innescata una bomba ad orologeria, che prima o poi sarebbe esplosa. Anzi, l’occidente si era dilettato a strizzare l’occhio agli ucraini, aprendo ponti immaginari (in realtà mai edificati) verso la Nato e la UE (che torna ad ammiccare in queste ore), oltre a promettere protezione della sovranità e della sicurezza ucraina. Oggi, dinanzi ai cingolati russi, ormai in tutte le principali città, tornano in mente quelle promesse, quelle speranze, rimaste tali.

Nel frattempo, passano i giorni e l’assedio si stringe. L’occidente tenta di reagire con sanzioni (che non è preparato a infliggere) pur sacrosante (swift incluso) che però richiedono ulteriore tempo. Alcuni leader occidentali, svegliatisi dal torpore, si accorgono che dietro l’opulenza di tanti turisti e investitori russi non c’è il mercato ma un sistema oligarchico e liberticida e decidono di fortificare il fianco est dei paesi Nato; non si sa mai. Punti nell’orgoglio, inviano armi in Ucraina (dove si combatte) e uomini in Romania (a scrutare l’orizzonte). Intanto, i civili e le forze locali vengono invitate a resistere e foraggiate di armi.

In altre parole, si spera che la strenua resistenza ucraina, col sommo sacrificio di beni e vite umane di un popolo già ampiamente provato da miseria, disuguaglianze e sofferenze, possa rinvigorire l’occidente e ridimensionare Putin, come fossero, gli ucraini, i soldati immaginari delle democrazie occidentali, sedute in salotto a guardare la tv. Insomma, armiamoci e pa rtite, come da noto proverbio. Ha senso tutto questo? Credo proprio di no. Ed ora che si sono aperti i negoziati occorre utilizzarli appieno. È dura da digerire ma occorre farlo subito, perché non v’è soluzione realistica, per quei territori, che non passi attraverso un negoziato con Mosca. Non ci piace? No. È questa una violazione del diritto internazionale? Sì, non la prima, non l’ultima. Ma ora la priorità sono quei civili nascosti negli scantinati, al gelo e senza viveri, quei profughi senza meta, quelle famiglie smembrate. Poi verrà il tempo dell’orgoglio e della guerra fredda. Ma l’utopia che Stati Uniti e UE siano in grado di garantire la piena indipendenza dell’Ucraina è durata sin troppo a lungo, ci ha accompagnato sin qui, e rischia di prolungare l’agonia e la sofferenza di tanta povera gente.

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