A nche il passaggio tutto sommato rapido di Draghi è stato altrettanto velocemente digerito, diciamolo, e la nostra classe dirigente può di nuovo dedicarsi a quanto di meglio si sente vocata: la trionfante, pigolante e autoreferenziale tattica politica.

Le nuove elezioni rappresentano peraltro un palcoscenico unico, nutrite da un contorno mediatico che pone personaggi men che marginali e inetti sotto l’occhio di un riflettore scambiato per il sole, mentre l’opinione pubblica rassomiglia ogni volta di più ai pollai dell’infanzia, nei quali regnavano la rimozione e l’oblio. Ricordo un racconto in francese: la domenica mattina il capofamiglia prelevava uno o due polli per il pranzo e tutte le teste crestate si sollevavano pietrificate, giacché avvertivano il grido della morte all’opera. Questa consapevolezza durava poco più di un secondo; la nuvola di penne ritornava subito a compattarsi, ogni becco intento nuovamente a beccare, come niente successo.

Non abbiamo appreso niente, questa è la verità che ancora emerge dalle dichiarazioni politiche, dalle analisi sui sempiterni collegi uninominali, dai nomi che si ripetono. Ma è possibile cambiare un sistema in crisi se i componenti rimangono sempre gli stessi? Esiste una remota speranza che in una nebbia di mediocrità una luce sciaboli sulle coscienze e le risvegli prima che vengano costrette dall’incombente trauma esterno?

Si potrebbe polemizzare facendo riferimento alla cosiddetta “agenda Draghi”.

N otando ad esempio che nell’ultimo anno e mezzo il nostro debito pubblico è aumentato di 150 miliardi e lo spread è passato da 100 a 200 punti base senza peraltro che il cittadino toccasse con mano alcuna sostanziale riforma, ma la valanga che ci sta travolgendo ha origini lontane, in decenni di una dissennata politica di sprechi strategici, di cui un’inamovibile e tentacolare élite si dovrebbe assumere le colpe invece che indirizzare sermoni.

Pensiamo solamente alla dipendenza energetica: un approvvigionamento stabile e sicuro d’energia è un cardine di sicurezza nazionale oltre che economico. Cosa è stato fatto, e non solo in Italia ma in tutta Europa? Ci siamo volontariamente intubati, sicuri del nostro diritto di Paesi ricchi al continuo vassallaggio di Paesi terzi, quest’ultimi costretti a fornirci gas e materie prime a prezzi di convenienza (nostra). Poche centinaia di milioni di persone che succhiano energia per il proprio benessere e il proprio futuro, certi dell’incoronazione dataci dalla storia e garantita dai nostri “valori” (anche se in Asia mi dicevano che i valori hanno il limite dei 150 dollari al barile di greggio, oltre il quale vale solo la legge della giungla – se ne vedono già i prodromi). In tre anni il prezzo dell’energia è esploso e non scorgiamo la fine di quest’impennata che pure qualcuno avrebbe potuto prevedere – dov’erano gli statisti e gli economisti? Biden va invece a Canossa dal principe ereditario arabo Mohammed bin Salman, definito sinora “un paria”, e rimaniamo basiti vedendolo esplicitare il suo dissenso dandogli il pugno invece che stringergli la mano – l’uomo più potente al mondo ridotto a una macchietta pur di ottenere petrolio. L’Occidente si rimangia la parola dimenticando il faro d’umanità sociale che rappresenta, e riapre contatti e affari con dittatori di vario genere e spessore, sacrificando per strada popolazioni variamente sfortunate. Chi ha speso parole trascinato dallo zelo atlantista riconsidera Erdogan, Maduro e stati canaglia – ci ricordiamo di Guicciardini: “franza o spagna purché se magna”?

E chi s’era innamorato (per interesse, come s’usa, non per amore) del progetto di transizione ecologica, oggi rincula. Riappaiono articoli scientifici in cui la colpa del cambiamento climatico non viene addossata ai combustibili fossili, si ritorna al carbone, si ripensa il nucleare. E come ricorda all’Onu la vice presidente della Nigeria, Yemi Osinbajo: “Nessun Paese al mondo ha potuto diventare industrializzato sulla base delle energie rinnovabili.” Per miliardi di persone la guerra è la sopravvivenza – quella in Europa rimane solo una querelle tra ricchi – e le elezioni italiane esistono come esistono qua e là batterie di polli, stessa rilevanza.

© Riproduzione riservata