T ra una settimana avremo il verdetto, sapremo chi ha vinto le elezioni, avremo i numeri della maggioranza e un’indicazione sul premier che verrà. Sette giorni raramente cambiano i trend elettorali, le opinioni già consolidate, riparano gli errori compiuti. I giochi si stanno chiudendo e tutti sappiamo che il centrodestra è favorito e che Giorgia Meloni è la donna che per la prima volta nella storia può diventare presidente del Consiglio. Basterebbe questo fatto - la rottura del tetto di cristallo, una donna premier - a dare all’elezione un significato storico, ma non è l’unico motivo che rende il voto così importante, singolare, interessante.La campagna elettorale è stata anomala per il tempo inedito (l’estate, mai accaduto nella storia) e il contesto (con una guerra in corso e un premier autorevole e capace, ma considerato un alieno dai partiti) ma non sono d’accordo con chi dice che è stata la più brutta della storia. In realtà è stata più ricca di quella del 2013 e del 2018, perché il 2022 non è un anno che passerà inosservato nel calendario, è uno spartiacque che chiude e apre un’altra fase storica.

Il 2013 fu l’acuto di Beppe Grillo, inaugurò la stagione del populismo con l’ingresso in massa del Movimento Cinque Stelle in Parlamento, il gigantesco “vaffa” ai partiti, ne vennero fuori tre governi (Letta, Renzi, Gentiloni); il 2018 confermò l’onda lunga del populismo pentastellato e catapultò la Lega al vertice del centrodestra.

D al cilindro uscirono altri tre governi (Conte I, Conte II, Draghi) con esiti auto-ribaltanti (giallo-verde e giallo-rosso) e infine la soluzione tecnica, ultima spiaggia di ogni grande crisi italiana (Ciampi nel 1993, Monti nel 2011, Draghi nel 2021). Il 2022 è un’altra storia, la freccia del voto è scoccata dall’arco iperteso di uno sconvolgimento globale, dopo due anni di pandemia, una gigantesca depressione economica, un fenomeno di alienazione di massa di cui oggi si cominciano a vedere le conseguenze psicologiche (la grande fuga in vacanza, la ricerca compulsiva di evasione, quasi una sospensione dalla realtà, le dimissioni di milioni di lavoratori in cerca di un benessere senza fatica), una riapertura e rimbalzo della produzione da cui è scaturita una corsa alle materie prime che a sua volta ha prodotto lo shock energetico e dato la spinta alla galoppata globale dell’inflazione e, dulcis in fundo, a un cambio delle regole del gioco, una competizione tra grandi potenze che stanno dando vita (e morte) a un intenso risiko per un nuovo ordine mondiale di cui la guerra in Ucraina è un episodio destinato a non restare isolato. Sulla scacchiera la sfida oggi è quella tra l’Occidente e il resto del mondo che non è affatto un “resto” ma maggioranza demografica in cerca di egemonia economica e militare.Il mondo è entrato in una fase di altissima volatilità, l’ordine post Yalta è evaporato e, come Antonio Gramsci notava nel 1930 con l’acutezza del filosofo della storia, “la crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”. Questo è esattamente lo scenario in cui viviamo e in cui si svolge la battaglia elettorale in Italia. La campagna è stata fin dall’inizio chiara nella sua sceneggiatura da corsa di ciclismo: c’è una donna sola al comando (Meloni), un inseguitore (Letta) e il resto del gruppo ammassato che segue distante e cerca di ottenere il terzo posto (Salvini e Conte), la quarta piazza (Forza Italia e Terzo Polo) e quelli che cercano di scavalcare il muro dello sbarramento del 3 per cento. Dentro questa dinamica, ci sono altri fattori in movimento che avranno un forte impatto post-voto, disegneranno il profilo del prossimo governo, il suo destino a breve termine e i processi del consenso politico nella longue durée. Non è affatto vero che tutta la politica si consuma rapidamente come l’accensione di un fiammifero nel buio, quelle sono le illusioni dell’era social, in realtà oltre la barriera dello smartphone, ci sono fenomeni profondi e di lunga durata.Il confronto Nord-Sud sarà un elemento da studiare: Fratelli d’Italia supererà la Lega nelle zone produttive? Se questo accadrà, avremo di fronte a noi la chiusura di un ciclo storico che era iniziato agli albori degli anni Novanta con Umberto Bossi e le conseguenze sono tutte da scoprire. Nel gioco degli specchi, sarà altrettanto importante prendere nota di quel che accadrà nel Meridione, perché potrebbe emergere un primato del Movimento Cinque Stelle là dove mancan o impresa e lavoro, nelle zone dove il reddito di cittadinanza è diventato una fonte di consenso elettorale, status quo, immobilismo sociale.Nella sfera di cristallo si scorge la possibilità della nascita di un nuovo partito popolare a destra guidato da Giorgia Meloni, un’evoluzione che il risultato del voto piazzerà sull’agenda. E ancora, a sinistra sarà inevitabile un profondo cambiamento del Partito democratico che non si limiterà solo al problema della leadership e dei rapporti con i pentastellati, sul tavolo c’è qualcosa di ben più grande, le idee per affrontare la sfida della contemporaneità. Sono frammenti di un discorso che velocemente prenderà forma dopo il voto di domenica prossima, per ora viaggiano in una dimensione parallela, poi prenderanno il timone e condurranno la nave Italia a cercare la sua rotta nel mare in tempesta del presente.

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