U n passo indietro e un dato per comprendere perché non riusciamo a fare a meno dei miti ideologici e dei diktat dirigistici: l’Europa produce il 9% delle emissioni globali. Nonostante questa percentuale di marginale inquinamento, l’UE, attraversata da sacro zelo “green”, indica un percorso di rinuncia in tempi brevi alle energie fossili per utilizzare trionfalmente quelle rinnovabili. Chiude le centrali a carbone, blocca lo sviluppo del nucleare e non comunica (non si accorge?) che negli ultimi decenni ha aumentato tanto la dipendenza energetica dall’esterno da trovarsi già in sofferenza prima della guerra.

I l messaggio di transizione ecologica penetra così profondamente nella popolazione che milioni di cittadini s’illudono che sia solo questione di volontà e basti uno schiocco di dita (non pesanti infrastrutture, nuovi accordi geopolitici, la revisione di tutto il sistema estrattivo, produttivo e logistico, il ricondizionamento di ogni edificio, impresa e filiera, insomma un cambio epocale dell’intero sistema di vita) per smettere di inquinare e vivere nel verde della pubblicità-progresso. Invece che analisi professionali per singolo paese su costi, impatti e risultati si seguono slogan adolescenziali.

La visione diventa tanto allettante e autocentrata che quando scoppia la guerra in Ucraina il nostro conforto esistenziale poggia su tre fattori: la presenza di un’alternativa reale all’importazione delle energie fossili (la vantata transizione a portata di mano, appunto); la convinzione che, essendo Putin isolato (non lo è del tutto), il resto del mondo possa consentire economici flussi opzionali; e la presunzione che, in conseguenza dei primi due punti, Putin mai avrebbe osato chiudere i rubinetti – non gli sarebbe convenuto.

Qualcuno va in Algeria, qualcun altro in Congo e Mozambico, e politici che non saprebbero risolvere il problema della vasca da bagno con un foro mostrano diagrammi per dimostrare che non avremo mancanze energetiche, alleluia.

Perché allora i prezzi salgono? Sì, vero, ma l’inflazione è temporanea, lo diceva anche Lagarde: Putin sta perdendo, la Russia è vicina al default (nonostante in 6 mesi il mondo gli paghi 167 miliardi, di cui l’UE 88), inventiamo qualche altra sanzione, le armi comode di chi non vuole inzaccherarsi, e abbiamo risolto i problemi. Il prezzo del gas ritornerà a 20 euro al megawattora. Poi ci s’accorge che l’Europa sta collassando economicamente, la Germania in primis. “Una strada c’è,” reitera von der Leyen, “il modo migliore per sbarazzarsi dei combustibili fossili russi è accelerare la transizione verso fonti energetiche verdi.” Certamente; nel frattempo il prezzo del gas è dodici volte quello iniziale, l’inflazione ha superato l’8% e non s’intravvede un miglioramento, le forniture diverse ci legheranno a nuovi padroni, la recessione è già in atto e il rendimento dei nostri Btp a 5 anni ha superato il 5%.

Von der Leyen dichiara ancora: “Sono convinta che sia giunto il momento di imporre un tetto al prezzo del gas russo trasportato dai gasdotti verso l’Europa,” e per tutta risposta il Cremlino annuncia che Nord Stream 1 rimarrà bloccato sine die.

Gli esperti più seri, cito Tabarelli e Joffe, ipotizzano per l’Europa un inverno tragico e un 2023 ancora peggiore, con inflazione, disoccupazione, rotture di stock e dunque col bisogno impellente di un piano di sopravvivenza, senza sciocchi trionfalismi. L’Europa è entrata in una guerra economica, l’abbiamo voluta e la stiamo perdendo, rendiamoci conto, le sanzioni in un mondo interconnesso sono deboli e paghiamo l’utopia della svolta “green” – sarebbe dunque ora di svegliarsi.

Purtroppo la triade europea alla guida, vittima di un complesso di superiorità incomprensibile, ha dimostrato di non saper gestire le emergenze (dipendenze strategiche, immigrazione, divisioni interne, Erdogan, Libia, ecc.), ha perso qualsiasi possibilità di mediazione con atteggiamenti scolastici, non è più credibile.

Smettiamola dunque con le illusioni: ci aspetta un’economia di guerra, non una passeggiata per le strade senz’auto come nel ‘73, e un ridimensionamento di cui nessuno può oggi immaginare i contorni – non si sa mai come finiscano le guerre (mondiali). Parliamo seriamente di questo, allora, senza nascondere la mano.

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