V anno vengono [..] e quando si fermano sono nere come il corvo. Certe volte sono bianche e corrono [..] certe volte ti avvisano con rumore [..] e magari si fermano tanti giorni/che non vedi più il sole e le stelle/ e ti sembra di non conoscere più il posto dove stai[..] per una vera mille sono finte/e si mettono lì/tra noi e il cielo/a lasciarci soltanto una voglia di pioggia”.

Parole da Le Nuvole di Alda Merini che Fabrizio De André fece dire a Lalla Pisano e Maria Mereu in un suo album.

Mi è capitato spesso di usarle - non solo queste - per raccontare il percorso della parola insularità fino fare della Costituzione il suo domicilio, in un comma dell’art.119. Ma la poesia più della prosa soccorre, anche, per tratteggiare il disagio e le contraddizioni di molta classe dirigente sarda rispetto a questo sostantivo, singolare e femminile. Musicale, leggero, materno. Evocativo, assai più del suo aggettivo, diventato potente al plurale in Insulari: demiurghi del Mediterraneo, titolo di una mostra a Cambridge. Reperti di tre isole Cipro, Creta, Sardegna, connesse nel mondo antico e madri di civiltà, che dialogano tra loro, come millenni fa, a rammentarci che hanno fondato l’Europa perché sono le isole a definire la terraferma. Ci interrogano sul perché oggi sono residuali e devono arrabattarsi per essere riconosciute in ciò che è denotativo della loro essenza: l’insularità. Questa, evidentemente, è pure connotativa di implicazioni, spesso, minoritarie. Come è stato possibile, infatti, che, indistintamente, le nostre classi dirigenti non hanno percepito che l’art. 3 in Sardegna era lettera morta? Per tabulas, il ribaltamento di paradigma è accaduto ragionando sul perché quell’articolo che avrebbe dovuto garantire pari opportunità, a prescindere dal luogo dove uno nasce o vive, non sia stato mai agito. Pari opportunità, finalmente, è diventato paradigma e uno sguardo condivisi. Siamo fatti di sogni e di parole. Senza non costruiamo pensieri. Cambiando il vocabolario siamo riusciti ad oltrepassare l’insularità come stigma di luogo punitivo e di confino o di luogo arcaico e misterioso per vacanze esotiche o per servitù, variamente declinate. Questa la storia. Il linguaggio è la forma con cui ci costruiamo e si costruisce. Sarà proprio Gramsci che rifondando la filosofia della storia ci ha fornito la cassetta degli attrezzi per leggerci meglio, attraverso dosi massicce d’istruzione. Ecco la scommessa. Oltrepassare la scena politica dell’autonomia e un’insularità immaginifica che trova difficoltà a confrontarsi con la matericità e la concretezza di un’isola che è la terra più antica dell’Europa; che è abitata da uomini e da donne che devono avere, come recita la Costituzione, pari giustizia, istruzione, formazione, sanità, come i cittadini e le cittadine di terraferma. In altre iniziative ma soprattutto in questa, Per un Distretto giudiziario insulare, abbiamo voluto come gruppo di lavoro, tale è il Comitato tecnico scientifico Insularità in Costituzione, esperire una modalità che si chiama ricerca-azione: approfondire un campo teorico ma soprattutto le pratiche che utilizzano i diversi attori, nelle varie geografie, con l’obiettivo di migliore la pratica di ciascuno e, naturalmente, la qualità della vita di tutti.

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