L ’inflazione, in tutt’Europa, ha cominciato a rialzare la testa all’inizio del 2021. Le autorità monetarie hanno passato buona parte degli ultimi due anni a minimizzare. Da principio, l’inflazione era “importata”: il resto del mondo stava riprendendo l’abbrivio, dopo il Covid, e questo aveva provocato sconquassi nei prezzi delle materie prime.

Poi è arrivata la guerra in Ucraina: sembrava inevitabile che crescessero i prezzi dell’energia, visto che abbiamo deciso di ridurre i nostri approvvigionamenti di gas russo, il più conveniente a nostra disposizione. L’inflazione, si diceva, è il risultato del fatto che tutti utilizzano energia per produrre, crescono i costi di produzione e così anche i prezzi per il consumatore. Poi, per fortuna, la crisi energetica è stata meno grave del previsto. I prezzi hanno continuato ad aumentare lo stesso.

Ci hanno messo due anni ma le banche centrali sembrano aver finalmente preso atto del problema - e annunciano tardive misure di rialzo dei tassi. Il guaio è che nel mentre la loro credibilità è molto diminuita e queste scelte paiono meno efficaci di quanto dovrebbero. Le famiglie temono il rialzo della rata del mutuo ma nello stesso tempo non vedono i vantaggi del conto della spesa tornato sotto controllo. Non avverrà, ma sarebbe auspicabile che i banchieri centrali conducessero una “operazione verità”. Che significa guardare in faccia due delle cause del rialzo dei prezzi. La prima riguarda la politica monetaria.

L e banche centrali “stampano” moneta (ovvero la mettono in circolo prestandola alle banche commerciali). Dalla crisi del 2007-2008, ne hanno stampata moltissima e ancor più durante la pandemia. Hanno pensato che l’unica inflazione fosse quella dei prezzi dei titoli azionari, che fa felice chi li detiene, e che non ci sarebbero stati effetti sui prezzi dei beni. In altre parole, hanno creduto che “questa volta fosse diverso” da quanto avvenuto ogni volta che in passato c’era stata espansione monetaria. I loro complici sono economisti anche di moda, che hanno continuato a utilizzare espressioni sul filo della cialtroneria come “inflazione importata”. Quando un certo bene o una certa risorsa diventa più scarsa, è normale che cambino i prezzi relativi, ovvero i rapporti di scambio fra diversi beni. Non si può però ignorare la quantità di moneta in circolazione, che è quella che innesca un aumento generalizzato del livello dei prezzi. È diverso accendersi una sigaretta all’aria aperta o in un deposito di benzina.

La seconda riguarda le politiche pubbliche. Aver risposto alla pandemia attraverso ampie elargizioni di sussidi, per quanto inevitabili, ha contribuito al rialzo dei prezzi: quella moneta, stampata dalle banche centrali, è diventata denaro che viene utilizzato per acquistare alimenti, automobili, immobili. Ma alla risposta alla pandemia si sono poi sommate politiche, come quelle che passano sotto il titolo di “Green Deal”, che sono addirittura concepite per fare crescere i prezzi: per passare, cioè, da metodi produttivi che costano di meno ad altri che costano di più, per quanto con le migliori delle motivazioni (dalla lotta al cambiamento climatico in giù). Queste sono le sorgenti dell’inflazione che ci troviamo a fronteggiare, se non ne prendiamo atto non riusciremo mai a venirci alle prese. La cosa peggiore che si possa fare è continuare a minimizzare, come sembra impegnato a fare il nostro governo. L’inflazione non si è “fermata”: i prezzi aumentano a una velocità inferiore rispetto a un paio di mesi fa. Continuano però a crescere, dopo quasi due decenni di relativa stabilità. A pagarne le conseguenze sono soprattutto le persone con un salario più basso: pensionati, lavoratori giovani, precari, immigrati, che non hanno investimenti azionari che consentano loro di trarre beneficio dal denaro facile. Le banche centrali hanno usato sinora troppa gradualità e sono parse inefficaci nel combattere il fenomeno. Ogni tanto nella vita bisogna usare l’accetta. I traccheggiamenti rassicurano chi pensa al suo portafoglio di investimenti ma sono inefficaci per mettere i prezzi, di nuovo, sotto controllo.

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