I l rapporto fra scienza (se intendiamo come scienza la conoscenza e lo studio delle cose) e il potere (come la capacità, la facoltà e quindi l'autorità di agire, esercitata per fini personali o collettivi) è vecchio come l’uomo. Per parlare di questo rapporto si usa far riferimento a Galileo ed alla condanna che gli fu inflitta, ma gli esempi li troviamo anche nella vita di tutti i giorni. Ma quale era l’accusa mossa a Galilei? Venne resa pubblica da Tommaso Caccini, frate domenicano, il 21 dicembre 1614 dal pulpito di Santa Maria Novella a Firenze.

I l frate lanciò contro certi matematici moderni e in particolare contro Galilei, l’accusa di contraddire le Sacre Scritture con le loro concezioni astronomiche ispirate alle teorie eliocentriche copernicane. Il processo iniziò a Roma il 12 aprile 1633 e si concluse il 22 giugno 1633 con la condanna per “veemente sospetto di eresia” e con l'abiura forzata. Galileo dovette sottostare al potere della chiesa.

Nel nostro tempo, ed esattamente nei primi mesi del 2020, mentre in Paesi come Italia e Spagna la pandemia di Covid aveva determinato la limitazione di molte libertà individuali nel tentativo di arrestarla, il governo di Boris Johnson aveva adottato la strategia dell’immunità di gregge, basandosi sul fatto che un gran numero di contagi tra la popolazione meno a rischio avrebbe potuto servire come scudo per l’intera popolazione. Pertanto i luoghi aperti al pubblico come bar, ristoranti, strutture sportive, teatri e cinema, non erano stati chiusi. Con l’aumento dei contagi si cominciò a dar credito alle raccomandazioni degli scienziati per cui fra il 14 e 20 marzo si fece marcia indietro. Il potere fortunatamente ha dovuto sottostare alla conoscenza che la comunità scientifica aveva prodotto e fatto conoscere.

Ma non sempre è andata così. Fra il 1997 e il 1998 la cura dei tumori col cosiddetto metodo Di Bella fu oggetto di una grande attenzione non solo per le speranze che prometteva ai pazienti ma perché prometteva una alternativa radicale alla chemioterapia. Il caso esplose nel dicembre del 1997 dopo che il pretore di Maglie (Puglia) Carlo Madaro firmò un provvedimento d’urgenza con il quale ordinava alla Asl locale di fornire la cura gratuitamente. Già d’allora la Commissione unica del farmaco e il Consiglio superiore di sanità avevano dato parere negativo su questa cura. Venne fatta, nel 1999, una sperimentazione sul cosiddetto metodo Di Bella dal Ministero della Salute che certificò l’inefficacia terapeutica. Le curve di sopravvivenza confermarono che quei pazienti non avevano avuto da quel trattamento nessun aumento della loro sopravvivenza. Il giorno dopo l'annuncio dell'inefficacia della cura anticancro del professore modenese e nonostante queste prove schiaccianti, un partito di destra ribadì la scelta di appoggiare Di Bella in nome della libertà del paziente di scegliersi la cura nonostante le evidenze scientifiche. Era la prima volta e spero sia stata l’ultima che un partito politico contestava l’evidenza scientifica per intestarsi la strampalata idea che nella cura dei tumori ognuno deve essere libero di scegliere come curarsi. I tempi son cambiati ma l’dea di avere una propria opinione, come col Covid, ci induce ad essere più attenti e batterci per una società che crede nel valore della scienza.

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