D a un giorno all’altro la costa di Calaliberotto si è spenta. Non voglio elevare la località dove ho casa a campione scientifico, ma senza dubbio essa rappresenta una certa Sardegna turistica, quella che chiude d’emblée i battenti di hotel, ristoranti e bar marini a fine stagione; che rimanda alla prossima Pasqua le attività di sport e intrattenimento; che si specchia in smagriti tabelloni arrivi-partenze, in superstrade grigie semideserte, in camper a pascolo brado e deiezioni “nature”; che si consola con autoreferenziali – anche in termini di Pil – cortes apertas, con autorefenziali e surreali dibattiti politici, ancora con autoreferenziali, terapeutiche e fideistiche frasi tipo “si vive bene solo in Sardegna”.

Dopo la rilettura del rapporto Crenos, come un assetato ho aderito quindi all’evento “Sardinia Tourism, Call 2 Action 2023” organizzato dalla Geasar Aeroporto Olbia Costa Smeralda perché già in altra occasione avevo apprezzato la manifestazione ottimamente concepita e organizzata, e il valore aggiunto delle sue discussioni.

Ho dunque sentito testimoni interessanti da diverse angolature, ho potuto partecipare a una sessione dal titolo “Quale Sviluppo” nella quale Bachisio Bandinu ha declinato magistralmente il legame tra turismo e cultura, sono ancora una volta rimasto colpito dal livello professionale di Lucio Murru e dall’affilato acume di Josep Ejarque. Non posso citare tutti gli organizzatori e partecipanti e mi scuso.

M i limito a dire che questo Sardinia Tourism C2A è una porta spalancata su una Sardegna che finalmente “accetta una vertenza con il mondo esterno, percorre le strade del pianeta, si confronta e impara”, cito maldestramente Salvatore Mannuzzu.

Nei corsi umanistici ripeto spesso che la letteratura deve essere “comparata”, ovvero che un autore non può essere studiato per sé stesso ma inserito nel flusso storico e confrontato con gli altri scrittori che l’affiancano nel mondo: sono le differenze che esaltano, che danno spessore. In termini manageriali, lo studio della concorrenza è imprescindibile nella gestione: il confronto è arricchimento, sviluppo, salto quantico.

Analizzare le Baleari, la Croazia oppure Malta, la Malesia, ecc., parlo di Paesi a valenza turistica, è pertanto non un gusto accademico ma un passo obbligato per formulare il piano turistico strategico della Sardegna (che è di targa RAS, avete ragione, ma perso in qualche cassetto) e per il nostro futuro.

Come ho raccontato al C2A, anni fa ho partecipato in qualità di Friend of Malaysia alla stesura del programma di presentazione e lancio della Malesia stessa. Target: i media del mondo. Un progetto molto bello che ha consentito di far conoscere questa terra straordinaria a una platea di miliardi di persone. Un modello analogo, seppure di dimensione più ridotta, è stato seguito da Malta. In entrambi i casi, l’invito implicito ed esplicito “Vieni qui, caro turista,” era accompagnato da un suggerimento altrettanto convincente: “Investi in Malesia/investi a Malta,” perché la creatura-turista si stanca anche di spiagge e natura, e finisce per anelare a qualcosa di più: cultura in primis, perché di cultura apparecchiata bene si vive eccome, ma anche business (un argomento forte che appassiona quasi tutti).

Destagionalizzare senza aggiungere contenuti appare problematico: occorre passare dal turismo passivo di ieri e dal poveramente attivo di oggi a un turismo proattivo, coinvolgente ben più che in termini di pura esperienzialità. Provoco citando Colapesce-Dimartino che con la canzone Splash profilano un diverso turista: “Mi annoio alle Seychelles, a Panama, perdonami, ma io lavoro per non stare con te, per non sentire il peso delle aspettative, travolti dall’immensità del blu.”

Restando in ambito culturale, la Sardegna avrebbe interessanti investimenti da proporre quali la valorizzazione archeologica, la valorizzazione del Nobel di Grazia Deledda (pensiamo alle traduzioni), di Eleonora d’Arborea, misconosciuta femminista ante-litteram, di artisti potenti quali Fancello, Satta, Sciola, Lai, e tanti altri ancora.

Siamo capaci di ribaltare i paradigmi e formulare “comodati” di business culturali? Gli investitori, gli operatori culturali e le università del mondo ricercano progetti e contenuti di rilievo da approfondire e comunicare. Noi abbiamo la materia prima, arriveremo a provarci? Credo che ne valga la pena per il futuro dei nostri ragazzi e della nostra Isola.

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