A che punto è la guerra? La Russia ha cominciato dall’altro ieri a bombardare i centri di comunicazione, comando e controllo, il conflitto è entrato in una fase più aspra, ma Mosca non ha ancora usato tutta la potenza di cui dispone e non a caso ieri Emmanuel Macron ha detto che «i prossimi giorni saranno più duri». Putin sta seguendo lo schema di una campagna militare “a tappe”, sta calibrando l’uso delle armi in funzione di un preciso obiettivo politico. Quale? Al momento la Russia sta puntando alla “finlandizzazione” dell’Ucraina, preservarne la funzione storica di “buffer”, di cuscinetto, tra Mosca e le forze Nato, renderlo paese “neutrale” (questo è il senso della parola “smilitarizzazione”), al riconoscimento della sovranità della Russia sulla Crimea, mentre il destino del Donbass (sotto l’ala dell’aquila bicefala o regione autonoma all’interno dell’Ucraina?) dipende da quanto territorio occuperà l’esercito di Mosca nei prossimi giorni.Putin ha scelto il conflitto, la sua aggressione all’Ucraina segue le linee di una “guerra preventiva”, sta piazzando le sue pedine sul terreno di uno scontro ben più ampio che riguarda lo spazio della sicurezza in tutta Europa. L’uomo del Cremlino conduce le operazioni con forze convenzionali, ma ha in tasca la bomba atomica e questo lo rende un “nemico speciale”, muovere una contro-offensiva della Nato contro la Russia significa entrare nella terra incognita della guerra termonucleare. Per queste ragioni ieri il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha preso posizione.

I n un momento di realismo ha detto che «non siamo parte del conflitto, non vogliamo farne parte, la Nato non è sul terreno con forze in Ucraina e non è neanche nello spazio aereo di Kiev». Parole che ha ripetuto anche Emmanuel Macron: «Né la Francia né l'Europa né l'Alleanza atlantica hanno voluto questa guerra e non sono in guerra contro la Russia».

L’Occidente sta fornendo armi, supporto logistico e finanziario all’Ucraina, ma non entra direttamente nel conflitto e lo ribadisce per evitare un’escalation, la tracimazione della guerra in altri paesi europei. Sul terreno combattono solo gli ucraini, questo sul piano strategico è un limite, dunque un vantaggio di Putin nel teatro della battaglia.La vera arma schierata dall’Occidente contro la Russia si chiama isolamento economico. Il distacco di Mosca dal sistema di pagamenti internazionali Swift, le sanzioni su imprese e oligarchi, sono uno strumento potente, ma l’utilizzo dell’arsenale finanziario potrebbe non bastare a piegare il Cremlino. L’Europa continua a comprare petrolio e gas dalla Russia, mentre il decoupling, il disaccoppiamento dell’Occidente dal settore energetico russo (le compagnie americane e europee stanno abbandonando le loro partnership con i russi) sta infiammando il mercato delle materie prime con un impatto gigantesco sui prezzi: il Brent è arrivato a toccare i 108,7 dollari al barile, il Wti 106, il prezzo del gas è al record storico (+43%), mentre il carbone è in decollo verticale a 400 dollari. Sono numeri che vedremo in bolletta. E nel carrello della spesa, perché la Russia e l’Ucraina sono i principali esportatori di grano nel mondo e il mercato dei cereali sulla Borsa di Chicago è ai massimi da 10 anni.Finora nessun leader occidentale ha spiegato chiaramente all’opinione pubblica quale sarà l’impatto di questo conflitto sulla nostra vita quotidiana. Per farlo servono qualità rare: franchezza, chiarezza, carisma e un coraggio da leoni. La lingua della verità. Nella storia pochi hanno saputo farlo, l’esempio è quello di Winston Churchill, in giro non se ne vede uno (e la cosa non stupisce), ma è più che mai urgente raccontare cosa sta succedendo, perché la guerra è lunga e il suo esito nessuno lo conosce.

Henry Kissinger, in un articolo sull’Ucraina pubblicato nel 2014 sul Washington Post, scrisse a proposito della guerra parole illuminanti: «La prova della politica è come finisce, non come inizia». L’ex segretario di Stato americano spiegava perfettamente quali rischi si sarebbero corsi senza una soluzione politica del caso Ucraina, non contro la Russia ma con la Russia. Rimase inascoltato, la scuola “realista” - quella che non cerca il mondo ideale ma coltiva il mondo possibile - continua ad esserlo anche oggi e i risultati sono le bombe su Kiev e su Kharkhiv, la tragedia degli ucraini, le donne e i bambini che fuggono al confine mentre gli uomini, i ragazzini, restano a combattere una guerra che in queste condizioni non possono vincere.

Lo sdegno e l’orrore per l’aggressione della Russia non possono essere un velo che copre lo sguardo sulle leadership occidentali. I “commander in chief” non sono quelli che prevedono che il lupo può mangiare l’agnello e non basta dire che la guerra non la vuoi, devi evitarla con tutte le tue forze. E quando scoppia la battaglia e pensi che non si possa stare al tavolo con il nemico, allora devi fare come Churchill: la guerra devi vincerla.

Direttore dell’Agi,

fondatore di List

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