P iangiamo sul gas versato. Ma anche su grano, mais, zucchero. La Sardegna paga a caro prezzo gli errori strategici della classe politica. E, schiacciata dal peso dei costi dell’energia e delle materie prime, si guarda indietro con tanti sensi di colpa. Ma siamo in buona compagnia in un’Unione europea che si è svegliata dal sogno domandandosi perché, a Bruxelles e a Strasburgo, non ci si fosse posti seriamente il problema della «autonomia strategica», rilanciata nei giorni scorsi a Fieragricola, a Verona, da Maurizio Martina, vicedirettore della Fao e già ministro delle Politiche agricole.

S e ne parla dal 2020, «come conseguenza della crisi pandemica», ricorda Martina. La guerra ha fatto il resto, «perché Russia e Ucraina sono player fondamentali dei mercati agricoli globali: insieme», evidenzia l’ex ministro, «rappresentano il 30% del commercio del grano, il 32% dell’orzo, il 50% del volume totale dei semi oleosi, il 18% del mais». Autonomia strategica su agricoltura, ma anche su energia, metalli, microchip. La guerra di Putin più del Covid ha messo a nudo le illusioni e le ingenuità di chi ci governa che, di colpo, capisce di aver affidato a un equilibrio instabile il presente e il futuro dell’Europa unita. Mentre Cina e Stati Uniti facevano ciò che volevano anche sul clima, accumulando ricchezze e materie prime, noi europei ci siamo abbassati le brache sull’altare della globalità. Nei tavoloni dell’Organizzazione mondiale del commercio abbiamo sempre giocato al ribasso, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo del Terzo Mondo. Ci siamo riusciti, almeno? Macché.

Un delirio terzomondista che ha portato alla chiusura in Italia di sedici zuccherifici (ricordate Villasor?) per favorire le produzioni degli altri (extra Ue) senza avere nulla in cambio. Peggio: con la Pac, la Politica agricola comune, l’Unione europea ha incentivato per anni le imprese agricole senza chiedere come condizione nemmeno un piatto di lenticchie. Lo hanno chiamato “disaccoppiamento”: hanno legato i premi comunitari alla terra, anche se quella terra non produceva cibo. Lo faranno altri per noi, nel pianeta, riequilibrando le produzioni. Un discorso applicato in parte anche al grano. Non è l’unica causa - mettiamo in conto speculazioni economiche e cambiamenti climatici - ma in Sardegna (elaborazione Coldiretti su dati Istat) siamo passati dai 96 mila ettari coltivati a grano duro nel 2004 ai 18 mila del 2020. C’era un Governo italiano in carica? C’erano europarlamentari eletti nel Belpaese? Qualche commissario europeo? C’erano, c’erano. Ma al guinzaglio di Germania e Francia, che hanno sempre badato prima a se stessi, come Stati Uniti e Cina. Noi abbiamo detto no “a son‘e corru” al nucleare nel 1987, la Francia, guarda caso, non è alla canna del gas. E monsieur Macron, appena eletto, spingeva per far chiudere in Europa le centrali al carbone nel 2022, con il sederino al caldo grazie al nucleare. Giusto ieri anche Berlino ha fatto sapere che l’atomo rimane strategico per la Germania. Ricordate il G26 sul clima, a Glasgow? Quattro mesi fa tutto il mondo era ai piedi di Greta. Ci ha pensato Putin a farci svegliare dal sogno.

© Riproduzione riservata