S e vuoi qualcosa devi andare a prenderla, anche se rischi di finire sotto i colpi della frusta, in galera o perfino al cimitero. Le donne iraniane non solo lo hanno capito, lo stanno proprio facendo. E la loro protesta si sta trasformando in rivoluzione perché sono state capaci di trascinare gli uomini al loro fianco mentre in piazza bruciano il velo, l’hijab che Masha Amini non portava correttamente: una ciocca di capelli fuoriusciva e la polizia morale l’ha presa, l’ha pestata, l’ha uccisa. Aveva 22 anni. La reazione del governo di Teheran è violenta, le vittime sono decine, eppure la rivolta non si ferma.

C osì è morta, uccisa da sei pallottole, pure Hadis Najafj, e poco importa se non è la ventenne bionda che in segno di sfida si raccoglieva i capelli in una coda mentre qualcuno la riprendeva: resta il gesto, piccolo eppure enorme, di chi non considera una iattura essere nata femmina.

Pensiamoci. Quante volte ci mettiamo le mani fra i capelli? Gli studiosi del linguaggio del corpo danno un significato diverso a seconda di come lo facciamo. Alle donne iraniane tutto questo è vietato, devono nascondere quell’arma di seduzione in nome della rivoluzione che alla fine degli Anni Settanta impose una serie di regole e divieti per relegarle a un ruolo subordinato, a casa e nella società.

Si ribellarono, senza successo. Ma ora, dopo Masha, ballano per le strade, si liberano di quel tessuto simbolo di un’oppressione fisica e sociale e divulgano via social la loro rivoluzione al mondo intero. Altre ragazze sfidano il regime con i mezzi che la modernità mette a disposizione in ogni angolo del globo. Ed ecco la cantante iraniana Donya Dadrasan, 24 anni, tagliarsi i capelli su TikTok con le forbici. Non dice una parola ma scrive: “Diventa la mia voce”. Per capire la straordinarietà della comunicazione bisogna ricordare che Masha Amini era curda e nella sua cultura ci si taglia i capelli in segno di lutto. Ora quel gesto è anche dissenso. Dirompente.

Almeno quanto quello di Christiane Amanpour, star della tv americana Cnn, cresciuta a Teheran, la città del padre: aveva concordato un’intervista con Ebrahim Raisi a New York, gli avrebbe chiesto conto di Masha Amini e della feroce repressione. Ma il presidente iraniano ha preteso che la giornalista indossasse il velo. Più che una provocazione: arroganza pura. L’intervista è saltata, Amanpour ha pubblicato la foto nello studio televisivo, lei davanti a una sedia vuota. E il mondo intero ha ricordato Oriana Fallaci nel 1979: Khomeini le disse che “il chador è per le donne giovani e perbene”. Per tutta risposta si tolse “quello stupido cencio da medioevo” e l’ayatolloah che fece dell’Iran uno Stato teocratico “scavalcò il chador e sparì”.

Oggi le donne iraniane dicono basta, e chissà che la loro rivoluzione non riesca a contagiare altri Paesi, come l’Afghanistan che abbiamo dimenticato presto. L’Occidente fa i conti con la guerra in Ucraina, l’Italia pensa al nuovo assetto di governo intanto il mondo ribolle di tensioni feroci per diritti che c’erano e sono spariti dalla sera alla mattina. Dovremmo tenerlo bene a mente.

Non possiamo permetterci di distrarci, mai, e quando sappiamo di giovani donne che lottano contro un mondo che sembra lontano invece sta nell’appartamento a fianco non dobbiamo voltarci dall’altra parte. Saman Abbas aveva 18 anni, era pakistana e viveva a Novellara: la sua battaglia l’ha combattuta in famiglia, contro il padre che la picchiava, la madre che stava zitta, i fratelli che facevano la spia, gli zii e i cugini che incitavano alla violenza: aveva rifiutato un matrimonio combinato per vivere come le sue coetanee, studiare e viaggiare con il ragazzo che le piacev a. Aveva paura, lo aveva detto anche ai carabinieri: stava scappando ma le è stato fatale il rientro a casa per prendere la carta d’identità. Non hanno avuto pietà. L’hanno strangolata, fatta a pezzi e buttata nel fiume.

Il padre ha detto che doveva difendere il suo onore di uomo che ha dato la sua parola. Ci turba e scandalizza e indigna questa frase. Eppure: il delitto d’onore era previsto dal nostro Codice penale fino al 1981. L’altroieri.

© Riproduzione riservata