È importante la discussione sulla moneta e sul contante, temi sottaciuti e sinora preda di pulsioni ideologiche. Negli ultimi articoli ho scritto dei rischi della dematerializzazione del denaro e dell’introduzione dell’euro digitale, dunque della moneta e del contante, strettamente collegati. L’editoriale del 16 novembre di Aldo Berlinguer porta alcune riflessioni che mi sento di dover riportare nel quadro del dibattito mondiale sui temi in oggetto.

Incomincio dai dati dell’Ufficio Studi della Cgia, attiva e precisa nelle sue analisi. Nel 2022, la pressione fiscale ufficiale in Italia ha raggiunto il 43,8%, un livello mai toccato prima e che smentisce Draghi sulla politica del dare (da parte dello Stato) e non del prendere. In particolare è da rilevare che le entrate erariali da gennaio a settembre sono cresciute, rispetto allo stesso periodo del 2021, di 37 miliardi, a dimostrazione che il beneficiario dell’inflazione nel periodo che anticipa la restrizione dell’economia è proprio lo Stato.

Considerando l’economia sommersa che contribuisce al Pil – dati sempre della Cgia – la pressione fiscale effettiva in capo ai contribuenti si avvicina al 50%.

L a considerazione iniziale riguarda dunque una storica colpa dello Stato, il livello di tassazione, drammaticamente peggiorata negli ultimi anni. Michael Porter indica tra i compiti precipui dello Stato lo sviluppo delle infrastrutture, la lotta alla criminalità organizzata, un sistema giudiziario efficace, l’applicazione di una tassazione ragionevole e incentivante. Lo Stato non deve fare l’imprenditore ma assicurare le condizioni basilari perché l’impresa nasca e si sviluppi, mentre in Italia avviene esattamente il contrario e anche il pagare le tasse è diventato un mestiere oneroso e pericoloso.

La domanda da porsi è se l’evasione (peraltro in gran parte imputabile ai grandi operatori internazionali) si combatta riducendo o eliminando il contante, oppure riducendo il carico tributario, sviluppando l’economia nelle regioni meno sviluppate (vogliamo parlare ancora della questione meridionale oppure dell’isolamento della Sardegna?), e garantendo un sistema giudiziario adeguato.

Avevo scritto: “Possiamo decidere in fretta di combattere l’economia sommersa cancellando il contante, ma dobbiamo essere coscienti che questo comporterebbe l’impoverimento di vasti strati della popolazione italiana, soprattutto al sud; la perdita di un contributo sostanziale al nostro Pil (anche l’economia sommersa contribuisce); la delega di tutte le nostre transazioni a operatori pervasivi ma opachi come la nebbia”.

Non vedo dunque nessun pactum sceleris tra evasori e Stato per l’aumento del contante a 5mila euro (provvedimento rinviato dal Governo alla Manovra di gennaio) ma la constatazione della storica debolezza dello Stato, per proprie colpe, di fronte a compiti che non riesce a gestire (l’Irlanda ha un carico fiscale del 22%, senza problemi di evasione o di contante).

Discorso speculare per la Pubblica Amministrazione (“il posto fisso”), la cui inefficienza sembra costarci circa 200 miliardi l’anno: anche la Pubblica Amministrazione contribuisce al Pil e ridurne le dimensioni comporterebbe un impoverimento repentino della popolazione italiana.

Cosa facciamo? È in atto un pactum salutis che evidentemente non ci fa onore, ma non certo imputabile ai cittadini o ad una nuova politica intervenuta.

Il tema del contante tocca inoltre aspetti specifici di libertà su cui occorre riflettere. Avevo scritto: “Se per il mio lavoro ricevo moneta e con questa compro il pane, la transazione diretta rispetta non solo i dettami del libero mercato, ma anche un concetto più profondo di libertà: i soldi sono miei, frutto di lavoro e non di crimine, sono libero di non usarli e tenerli sotto il materasso o di spenderli come più m’aggrada. Molto più difficile parlare di libero mercato e libertà quando invece si è costretti a utilizzare una rete di “guardiani dei pagamenti” che usufruiscono di percentuali di intermediazione e che potrebbero esercitare un’azione commerciale sui nostri metadati (profilature, statistiche, previsioni), di controllo sui nostri dati sensibili e di indirizzamento delle nostre decisioni di spesa. Sposare un’economia basata su pagam enti dematerializzati perché lo Stato non fa il proprio mestiere vuol dire delegare in bianco a terzi un ganglio vitale della nostra economia (della nostra vita), dunque della nostra sovranità come paese e della nostra libertà come cittadini”. Ribadisco.

© Riproduzione riservata