L’ arte, la scienza e la sociologia sono anzitutto storiche: qualsiasi evento e qualsiasi soggetto sono parte di un continuum che ha una serie di precedenti e di successivi che vanno studiati e compresi per poter emettere giudizi o concepire nuove illuminazioni. La storia stessa è “storica”, interconnessa, una continua sovrapposizione di presenti che si alimentano l’un l’altro. Interpretarla in senso hegeliano-marxista vuol dire invece dar valore e spessore solo all’ultimo obiettivo politico, cristallizzato in un presente sconnesso e dunque facilmente manipolabile.

Questo metodo non avrebbe più ragion d’essere in un contesto maturo, acculturato, ma trova invece terreno fertile in una porzione di mondo che difende se stessa perché teme di veder crollare l’istituzione sinora rappresentata, l'Occidente, e perdere i propri privilegi. L’ignoranza diffusa (abbiamo ulteriormente ridotto il budget della formazione per premiare gli armamenti) e la dominante cultura "social", dove gli sforzi sono mirati al consenso e dunque cronachistici, superficiali e manichei, portano congiuntamente a cancellare il passato per concentrarsi soltanto sull’istantanea dell’oggi. In un precedente intervento avevo scritto che quando non si riesce a modificare il passato sbianchettando quanti caduti in disgrazia (vedasi le decine di antesignani e tragici photoshop che durante il terrore stalinista hanno cancellato decine di personaggi perché "nemici del popolo"), allora si utilizza una tattica altrettanto anti-storica.

E cioè quella di tacciare di disfattismo, o peggio di tradimento, chiunque cerchi di analizzare e capire le situazioni complesse. Il pensiero liberale si è trasformato in un mostro illiberale che ha prostituito persino Popper (il filosofo austriaco non pensava certo di dar voce e strumenti proprio alle frange che non sopportano opinioni contrastanti ma vivono di dogmatismo a geometria variabile).

Arrivando ai nostri giorni, la storia non deve dunque esistere, che si tratti di ricostruire cosa effettivamente successo con la gestione della pandemia o di approfondire contesti geopolitici al di fuori della nostra prospettiva autocentrata, sostenuta da opinionisti variegati quanto i virologi. Il declino dell’Occidente e lo spostamento del baricentro mondiale sono sotto gli occhi di tutti e oggetto di centinaia di saggi; la forzata divisione del mondo in due blocchi contrapposti (o con me o contro di me), derivante dalla troppo veloce affermazione degli Stati Uniti nella storia recente senza il sostegno di una cultura adeguata, non tiene conto di un’evidente perdita di efficacia della stessa politica a stelle e strisce che non raccoglie consenso in Asia, Africa e America Latina, dove il ruolo di aggressore è riferito proprio agli Usa; la perdita progressiva di potere dell’Europa nelle due guerre mondiali e la sua irrilevanza odierna (è la Nato che decide i confini dell’Europa e le mosse; è la Nato che porta i nostri soldati a combattere guerre lontane) sono facilmente decifrabili usando studio e non solo piaggeria; le dipendenze (finanziarie, energetiche, militari, di materie prime e per la salute) limitano la nostra libertà e impoveriscono la nazione, peraltro confusa dall’ipotesi di fornitori ancor più inaffidabili; le nostre scelte politico-strategiche continuano a penalizzare l'economia e il futuro delle nuove generazioni avviandoci verso un destino greco (ci siamo accorti delle ultime svendite di asset strategici?).

Tutto questo non vogliamo vederlo, attratti dall'ultimo slogan emotivo dopo l’aggresione all’Ucraina, innocenti per definizione, flessibili se si tratta di prendere decisioni gravi ma rigidi verso il popolino – quel che continuiamo a non fare per le fasce deboli è palesemente scandaloso. Non vogliamo riconoscere le nostre colpe, responsabilità e vergogne storiche (in sociologia ed etica si chiama eteronomia) e preferiamo invece scorgere intorno nemici e sentirci uniti nella loro condanna.

Abbiamo creato un ambiente tossico e paranoico: nella vulgata corrente, sette miliardi di persone operano contro di noi e le quinte colonne si annidano anche tra le nostre schiere di eroi in poltrona. Non c’è solo la scandalosa propaganda russa, insomma.

Ma torno alla storia, scusatemi: ricordiamo gli interventisti della Prima Guerra Mondiale? Neo-risorgimentali, nazionalisti, futuristi, democratici, anarco-sindacalisti, la monarchia? Solo una maltrattata minoranza parlava di inutile bagno di sangue. E la storia sembra purtroppo ripetersi.

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