Q uanto per i Romani la senectus fosse generativa lo dice Cicerone nel Cato maior de senectute, che ha il suo fulcro in Catone, ormai verso gli 84 anni, e che, ovvia, teorie epicuree e pitagoriche alla mano, alle denigrazioni perché altro dalla vetustas, età della decadenza. Auguri, pertanto, alla Costituzione che compie 75 anni, lontana dalla vetustà, come il Presidente Sergio Mattarella ricorda e come, lui insulare, ha mostrato firmando, a Camere chiuse, l’inserimento del principio di insularità in Costituzione.

Perché insularità è antico quanto demiurgico status, fondante l’Europa. Per qualcuno, riducibile a rendita elettoralistica e piccoli escamotages podatari. Tutte epifanie di un’autopercezione svalutativa che anziché abitare i luoghi delle responsabilità volano basso e parlano d’altro. Nel mentre è l’antichistica, come sosteneva Ranuccio Bianchi Bandinelli, che, deve recuperare il senso, ponendo al centro quello più profondo e irriducibile dell’insularità che il sostrato. Lo fa a Cambridge, luogo tra i più prestigiosi, in Inghilterra, insula insularum che governò il mondo e che ha voluto interconnettersi con quelle che inventarono il Mediterraneo. Da oggi, infatti, al 4 giugno al Museo Fitzwilliam dell’Università di Cambridge, l’esposizione, Islanders: The making of the Mediterranean, mostra al mondo duecento selezionati pezzi provenienti da Creta, Cipro, Sardegna. In italiano, Insulari: la creazione del Mediterraneo, ma è in greco, Insulari: i demiurghi del Mediterraneo, che si ritrova il nesso con quel percorso demiurgico che, dal 2017, ha visto protagonista il popolo sardo nel restituire valore all’insularità così chiara ai suoi antenati.

I media britannici

Da giorni i media inglesi raccontano l’evento, sottolineando l’eccezionalità di alcuni bronzetti nuragici e il maggior prestito di antichità che abbia mai autorizzato il governo greco nei confronti del Regno Unito, superando le polemiche sui marmi del Partenone. Greca, Anastasia Christophilopoulou, curatrice della mostra, ricercatrice del programma, Being an Islander, di cui l’Università di Cambridge è capofila.

Programma scientifico

La mostra è infatti frutto di un programma scientifico iniziato nel 2019, con l’obiettivo di mostrare gli elementi fondanti le identità insulari del Mediterraneo. Ha indagato come l’insularità abbia influenzato vita quotidiana, cultura, materiale e immateriale, le comunità e i loro spostamenti. Gli oggetti esposti provengono dal Museo archeologico nazionale di Cagliari, da quelli di Hiraklion e di Nicosia, dell’Ashmolean Museum di Oxford. Il Museo di Cagliari, sintesi della storia della Sardegna, è presente con oltre 93 pezzi, a datare dal Neolitico, e da tutte le contrade dell’isola. La mostra tematizza l’insularità e ne evidenzia l’operabilità sul versante della condivisione e del suo opposto, l’isolamento. I reperti costituiscono la bussola che orienta verso i due poli, perché mostrano che, all’interno di una stessa isola, le identità possono essere plurali. Una località può avere più intensi rapporti con un luogo lontano che con uno prossimo. Riaccadrà nel medioevo. I preziosi manufatti, supportano, dunque, il visitatore nella decodifica del doppio registro così come si è sviluppato, nel corso di oltre 4000 anni. La cifra distintiva è la complessità perché gli insulari sono costruttori di identità plurali e il mare è ponte, mai dismesso, tra isole e le loro genti. Insulari ovvero inesausti vettori di linguaggi fino ad essere, tuttora, i depositari di mille identità possibili. Il nesso attivatosi attraverso i musei coinvolti è una sfida vinta che interpella la politica a fare altrettanto. I reperti narrano di un’intensità di rapporti che nell’Età del bronzo e del ferro si fanno intensissimi.

Nessuna paura

Altro che paurosi del mare i nostri antenati! Fanno impressione i reperti ardi ma ancora di più quelli di altre isole che parlano anche la nostra lingua, e i pani di rame ciprioti, di casa in Sardegna? In uno, ecco Astarte che si intronizzerà anche nell’isola d’argento, come era chiamata la nostra. Che dire dei bronzetti di Teti Abini? Ogni volta, emozionano specie, quella donna con figlio in grembo, una divinità che ai Sardi piacque definire la madre dell’ucciso. Essere isolani può essere un concetto fisico o immaginario ma quanta bellezza ha prodotto nel mondo antico!

In viaggio

“Quando ti metterai in viaggio per Itaca/devi augurarti che la strada sia lunga, /fertile in avventure e in esperienze. I Lestrigoni e i Ciclopi/o la furia di Nettuno non temere, /non sarà questo il genere di incontri/ se il pensiero resta alto e un sentimento/fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo”. Così l’incipit di Itaca di Kavafis, che riassume il senso di un’insularità, generativa di opportunità. Fu anche l’incipit del viaggio che le comunità sarde intrapresero nel 2017 e di cui anche la mostra di Cambridge è figlia legittima.

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