I conti dell’impatto economico sul nostro Paese dell’aumento dei prezzi dell’energia li ha fatti il ministro dell’Economia, Daniele Franco, intervenendo al recente Forum Ambrosetti: «Le importazioni nette di energia sono salite dai 43 miliardi del 2021 intorno a 100 miliardi nel 2022: 60 miliardi in più, quindi circa 3 punti di Pil. Significa che stiamo trasferendo fuori dall’Italia una parte del nostro potere di acquisto». Ecco perché la cosa più importante è riportare i prezzi di gas ed energia a livelli sostenibili, per questo è fondamentale il funzionamento del mercato europeo dell’energia.

L ’Italia chiede da oltre sei mesi un tetto al prezzo del gas (price cap) e da quasi un anno la modifica del mercato elettrico. Ora sembra che qualcosa si stia muovendo anche se la decisione finale è stata rimandata ad ottobre. La presidente Ue, Ursula von der Leyen, infatti, ha recentemente dichiarato che «la Commissione sta lavorando a un intervento di emergenza e a una riforma strutturale del mercato elettrico».

Dietro alla svolta di Bruxelles ci sarebbe un’iniziale apertura della Germania, che sinora si era sempre opposta, con l’Olanda, alla richiesta italiana di fissare un prezzo massimo al gas importato dalla Russia e anche alla richiesta di modifica del funzionamento del mercato elettrico con l’obiettivo di sganciare il prezzo dell’elettricità da quello del metano da cui attualmente dipende.

In questi giorni i rappresentanti degli Stati membri partecipano a seminari nei quali la Commissione presenta i tre modelli in discussione di price cap (italiano, greco e spagnolo-portoghese). Inoltre i ministri Ue dell’Energia si incontrano a Bruxelles per un consiglio straordinario convocato dalla presidenza ceca di turno dell’Unione. La proposta di un tetto al prezzo del gas sarà presentata dalla Commissione nelle prossime settimane, probabilmente dopo il consiglio Energia straordinario, convocato per dare una risposta all’emergenza scatenata dall’impennata dei prezzi dell’elettricità. Per il momento sarebbero 15 i paesi favorevoli al price cap sul gas e la discussione è ancora aperta.

La proposta di riforma del mercato elettrico, invece, arriverà all’inizio del prossimo anno. Ma è bastato l’annuncio da parte della presidente Ursula von der Leyen a raffreddare i mercati. Tale proposta mira a sganciare il prezzo dell’elettricità da quello del gas, oggi strettamente interrelati. A cosa servirebbe e in che modo si dovrebbe procedere? Per capirlo è necessario tenere presente che l’energia elettrica può essere prodotta con fonti rinnovabili (acqua, sole, vento) o fossili (gas, carbone e olio combustibile). Queste due fonti di produzione hanno costi differenti. Il meccanismo attualmente utilizzato nelle Borse europee per arrivare ogni giorno al prezzo di mercato a cui è venduta l’elettricità è quello del cosiddetto «costo marginale». Il prezzo di scambio, cioè, deve coprire il costo sostenuto per produrre l’ultima unità energetica venduta, ossia la più cara.

Le fonti che meglio si adattano, nel breve periodo, a soddisfare incrementi marginali della domanda sono quelle fossili e, in particolare, il gas. Con l’aumento del prezzo del gas, il costo dell’ultima unità prodotta si è impennato, e così il prezzo di scambio dell’energia. Le altre fonti meno care come le rinnovabili sono remunerate con lo stesso prezzo di mercato legato al costo del gas e perciò hanno margini di guadagno più elevati.

Quando le rinnovabili erano molto costose da installare, questo meccanismo è servito per incentivare i produttori termoelettrici a investire nell’eolico e nel solare, perché sarebbero stati compensati non solo dagli incentivi del governo, m a anche dalla differenza tra il prezzo fissato dal costo di produrre energia con il gas (un valore alto) e il costo marginale di produrre energia con le fonti rinnovabili installate (molto basso).

Ora non c’è più bisogno di questo meccanismo perché le rinnovabili stanno in piedi benissimo anche senza incentivi pubblici, e la Ue sta cercando di separare i prezzi delle due componenti dell’elettricità in modo da far pagare meno quella delle rinnovabili, che nel frattempo è diventata meno costosa da produrre.

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