S ono al calor bianco le polemiche sulla situazione della radioterapia nella nostra isola dopo che una lettera più o meno improvvida rilasciata da un medico di Nuoro ad un paziente è finita sulla stampa e al centro dell’attenzione generale.

Ma già tempo fa ci sono state polemiche vivaci a seguito della sostituzione delle macchine del centro di radioterapia dell’ospedale Oncologico di Cagliari, per cui in qualche modo si è dato per scontato che il problema fosse proprio quello, le macchine di radioterapia.

T rattandosi di un tema particolarmente sensibile, tutti sono intervenuti, tutti hanno detto tutto e si è creato un guazzabuglio di cui non si capisce più nulla.

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. Le macchine per la radioterapia in Sardegna sono in numero adeguato, in alcuni centri si sta provvedendo a installare strumentazioni assolutamente all’avanguardia e questo comporta disagi e ritardi transitori cui si fa fronte in vari modi. Per esempio, a Cagliari si lavora anche dalle 20 alle 23 e il sabato mattino e a Sassari fino alle cinque del pomeriggio utilizzando le cosiddette prestazioni “aggiuntive” ma in generale tutti i centri sardi si sono organizzati per evitare riduzioni di attività e stanno lavorando a pieno regime. E meno male che nel 2021 ha aperto anche il Mater Olbia che sta dando un contributo rilevantissimo.

Ricordato che le urgenze (rare ma serie) sono garantite pressoché dappertutto, a me pare si possa dire che nel complesso la rete funziona tanto che, sono dati ufficiali, i tempi di attesa previsti dalle linee guida delle società scientifiche nazionali sono rispettati praticamente sempre. Nei rari casi in cui non lo sono, la Regione al termine di un iter complesso che prevede –tra l’altro- che tutti i centri operativi in Sardegna dichiarino di non poter rispettare i tempi di attesa previsti per quello specifico tipo di tumore, autorizza l’accesso a centri fuori dall’Isola.

Ora, io capisco che non tutti pazienti accettino serenamente di aspettare, per fare un esempio, i 2/3 mesi o i 4/5 che sono previsti oggi rispettivamente per un tumore della mammella o della prostata, così come capisco benissimo l’ansia, la sofferenza psicologica e talvolta l’angoscia che possono assalire una persona con una patologia così insidiosa. Ma sia da uomo di medicina sia da manager devo fare un discorso differente, ci sono studi internazionali indiscutibili che dimostrano che un certo numero di mesi di attesa non sono statisticamente dannosi per uno specifico tipo di tumore e a quello mi devo attenere nel programmare una rete assistenziale efficiente ed efficace. Perché le risorse non sono infinite e quelle eventualmente destinate ad una determinata patologia sono anche tolte ad un’altra.

Però la vicenda si è talmente ingarbugliata che si è perso di vista quello che è il nodo della faccenda, cioè la mancanza di personale, che è il vero freno allo sviluppo della radioterapia e, purtroppo, non solo. Perché se a Nuoro hanno 4 tecnici e nonostante svariati tentativi non ne hanno trovato altri, neppure a progetto, è chiaro che delle due macchine disponibili ne può funzionare una sola e forse neppure a tempo pieno.

La errata programmazione dei fabbisogni, problema vecchio di decenni, cui si sta cercando solo ora di porre affannosamente riparo, crea una mancanza di medici radioterapisti e di tecnici drammatica. Anche perché non è risolvibile in tempi brevi ed è realtà il fatto che i giovani medici sono pochi e quei pochi non s’iscrivono alle scuole di specializzazione come Radioterapia preferendo discipline più remunerative. Tutto questo proietta un’ombra scura sul futuro, lasciando intravvedere anche un possibile ridimensionamento qualitativo e qualitativo dei centri oggi operativi.

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