C e l’abbiamo fatta. No, non parlo di politica, ma del caldo a Londra, che negli ultimi giorni ha toccato i 40 gradi centigradi per la prima volta da quando hanno iniziato a misurare le temperature. Per un giorno sembrava stessimo vivendo l’apocalisse, ora invece qui in Inghilterra si è tornati ad un normalissimo 23 gradi a luglio, con tanto di pioggerellina. Ma di quella, dopo il caldo torrido, non si lamenta più nessuno, nemmeno i turisti.

In questa settimana ho sentito molti commenti provenienti da fuori del Regno Unito.

C ommenti dalla Sardegna e in Italia, ma non solo, che sminuiscono l’emergenza caldo che è stata vissuta qui. Per fare un esempio, frasi del tipo «ma quale emergenza, noi viviamo con temperature molto più alte e molto più spesso, senza metterci a gridare all’emergenza». Commenti ingiusti che ignorano l’impatto di preparazione e cultura nel gestire le emergenze climatiche.

Posso assicurarvi che 40 gradi in Inghilterra sono ben diversi dai 40 gradi in Sardegna, per quanto quella temperatura porti problemi anche sull’isola. Parola di semi-sarda che vive a Londra da 30 anni. I 40 gradi a Londra hanno un impatto simile a quello che avrebbero meno 10 gradi centigradi a Cagliari - temperature che troverebbero entrambi culture impreparate a quegli estremi.

Prima di tutto, è una questione architettonica. Le case britanniche diventano dei forni appena si alza la temperatura. Nella casa inglese media ci sono moquette e tappeti ovunque. Un conforto per i piedi durante il gelido inverno, ma asfissianti d’estate. I soffitti sono solitamente bassi e il tetto è spiovente in quasi tutte le case, per essere d’aiuto con pioggia, neve e grandine durante i mesi freddi. Ma lo stesso tetto rende la mansarda una trappola di calore appena si alza il termometro.

Le finestre a golfo sono tipiche delle case inglesi - tre finestre alte per fare entrare più luce durante il lungo inverno ma che lasciano anche spazio alle ondate di calore in estate. A parte poche eccezioni, l’aria condizionata in casa è rara, un lusso che servirebbe solo per poche settimana all’anno. Tutte le case e i palazzi sono costruiti per tenere dentro il caldo durante i mesi freddi, non per restare freschi d’estate. Solitamente non era un problema, ma ora che questi picchi di temperatura stanno diventando sempre meno rari, gli inglesi non trovano alcun riparo o sollievo fra le mura domestiche. Ma non è solo un problema di architettura: è tutto lo stile di vita nel Regno Unito che non si addice a temperature alte. Visto che d’inverno è già buio pesto alle 4.30 del pomeriggio, le ore del primo pomeriggio sono quelle più attive. Non c’è una vera pausa pranzo, a meno che non contiamo un’oretta dove si mangia un panino davanti al computer. I negozi fanno tutti orario continuato e solitamente chiudono fra le 6 e le 7. I bambini giocano ai giardinetti verso le 3, cenano alle 5.30 e vanno a letto alle 7. La cosiddetta “siesta” è vista come una pigrizia straniera. Solo un paio di giorni fa ho sentito uno dei giornalisti più influenti nel Regno Unito dire che lo stato di emergenza dichiarato dalle autorità britanniche era una esagerazione e non c’era bisogno di diventare come “uno di quei Paesi nel sud Europa dove nessuno lavora per mesi”. Lo so, lo so. L’ignoranza può essere esasperante.

Forse è proprio per questa illusione di invincibilità che molti inglesi prendono delle decisioni azzardate appena arriva l’estate. Dopo mesi di brutto tempo (e una vita di estati freddine) è difficile eradicare l’idea che il sole è un premio, l’occasione per immagazzinare della necessaria vitamina D. Gente con carnagioni chiarissime va al parco semi-nuda e si mette sotto il sole di mezzogiorno. E poi, come tutti i popoli del Nord Europa con la loro relazione complessa con l’alcol, iniziano a bere. A bere molto. Sole e birra. Non sempre una combinazione vincente.

Ogni cultura è creata dalle situazioni che ha dovuto affrontare. Con il cambio climatico oramai impossibile da ignorare, i picchi di temperatura estiva diventeranno sempre più frequenti, e il Regno Unito si adatterà. Magari seguendo proprio l’esempio di posti come la Sardegna.

Giornalista a Londra

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