L e immagini dell’addio alla regina Elisabetta II hanno inebriato il mondo. Le coreografie ostentavano il senso di immortalità del Regno Unito. Sarà per quel british humour della regina, tra problemi di sicurezza e protocolli, se ai 500 capi di stato si è riservato un servizio bus e alla cerimonia funebre, non di certo la prima fila. Uno scenario che ispira il moto del Marchese del Grillo: noi siamo noi...Il pulmino è comunque un privilegio per pochi. Nella lista degli invitati mancavano diversi capi di stato: Corea del Nord, Russia, Bielorussia, Siria, Venezuela, Afghanistan, Myanmar.

S e il rispetto dei diritti umani fosse un criterio di selezione, forse sarebbe stata ingiustificata la presenza della Cina e del Qatar. Forse con alcuni Stati mancano rapporti diplomatici. Forse alla Russia non si perdona l’uccisione dello zar Nicola II, cugino di Giorgio V, re di Gran Bretagna e di Irlanda, dei domini britannici d’oltremare e imperatore d’India. È anche vero che quest’ultimo, per paura dell’importazione della rivoluzione, non accolse lo zar nei suoi territori. In realtà è semplicemente una questione geopolitica: il funerale più solenne della storia. È realpolitik britannica e fedeltà assoluta allo schieramento Atlantico.

Strana la sorte. L’era Elisabettiana si conclude con una profonda crisi economica del suo regno, con un prodotto interno lordo ai limiti della recessione e il sorpasso, proprio in termini di PIL, da parte dell’India. L’ex colonia che per duecento anni è stata depredata delle sue immense ricchezze, ha saputo ereditare dai britannici il modus operandi degli affari. Oggi l’India si annovera tra i Paesi con maggior peso economico, anche se il reddito pro-capite indiano non è paragonabile a quello britannico. Di certo strategicamente occupa un posto così dominante nello scacchiere internazionale da non sfuggire in primis al Regno Unito. Nel delinearsi di un nuovo ordine mondiale l’India strizza l’occhio alla Russia e all’Occidente a seconda dei suoi interessi e in funzione anti-Cina, con cui persiste un contenzioso alle frontiere himalaiane.

Il funerale più solenne della storia ha rapito l’attenzione del mondo e annientato ogni possibile nota stonante. Poco importa se movimenti di decolonizzazione indiani chiedono la restituzione di gioielli di inestimabile valore dei reali britannici. L’affetto per Elizabeth, così come la chiamava l’amico Mandela, è immenso. Come non amare la sovrana che si è sempre contrapposta a Margaret Thatcher per non aver adottato misure contro l’Apartheid in Sudafrica? Ciò che resta nella storia è la regina Vittoria che creò il grande impero coloniale britannico e la regina Elizabeth II che ne segna il tramonto.

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