G li articoli di Mauro Pili e del direttore Emanuele Dessì hanno acceso i riflettori su un problema atavico come quello delle cavallette. I fenomeni dell’invasione delle cavallette nel tempo si erano attenuati per via della introduzione di alcuni insetti antagonisti che divorano le uova e dalla meccanizzazione dell’agricoltura iniziato a metà degli anni 40. Perciò dobbiamo ritenere che le cause del fenomeno che è riemerso con questa virulenza sia conseguente ai cambiamenti climatici (le temperature sono aumentate di 1,8 gradi) e dall’abbandono delle terre prima coltivate.

D i fronte a questo scenario cosa fanno l’assessore all’Agricoltura e l’intera Giunta Regionale? Cosa produce la nostra Assemblea legislativa immersa in un vuoto cosmico? Cosa propongono le Associazioni datoriali, oltre a chiedere i giusti indennizzi? Il mondo del lavoro è consapevole che il comparto agricolo è, e lo sarà sempre di più, un settore trainante per tutta la filiera del comparto agroalimentare?

Al momento, purtroppo, non esiste nessuna risposta a questi interrogativi nonostante il fenomeno, per la sua gravità, possa essere paragonato alla devastazione prodotta degli incendi. Proprio perché le cavallette sono una piaga, al pari dei roghi, è urgente andare oltre la sterile protesta smettendola di invocare la fattualità. Per la campagna contro gli incendi, altro flagello che colpisce l’Isola ogni estate, si spendono circa 100 milioni di euro necessari per pagare i mezzi aerei, il personale del corpo Forestale, quello di Forestas, e per incentivare le migliaia di volontari impegnati ogni anno in questa lotta. Inoltre si predispone un piano articolato e si stabiliscono le prescrizioni a cui tutti debbono attenersi: insomma si cerca di combattere quella piaga non solo con l’opera di spegnimento ma anche con la prevenzione.

Ecco, mi chiedo per quale ragione, di fronte ad un flagello come quello delle cavallette, che rischia di divorare quest’anno oltre centomila ettari di territorio, ci si affidi solo ad alcune decine di dipendenti delle agenzie regionali, affiancati da qualche impresa privata, pur consapevoli che si va incontro ad un fallimento certificato. Paradossalmente, se si interviene con intelligenza, il flagello delle cavallette potrebbe fungere da stimolo per intervenire in modo strutturale su alcuni fattori che condizionano pesantemente l’attività agricola: i cambiamenti climatici; l’abbandono delle attività agricole; il mancato riordino fondiario; il pascolo permanente; la scarsa remunerazione dei prodotti agricoli; l’innovazione tecnologica; l’accesso al credito e il problema degli usi civici, sono tutti elementi che frenano lo sviluppo agricolo e favoriscono il riproporsi di fenomeni come quelli a cui stiamo assistendo.

Alcune riflessioni specifiche sul proliferare delle cavallette vanno però fatte senza avere la pretesa di avere la verità in tasca. Sui fattori che determinano i cambiamenti climatici che sono alla base del flagello delle locuste, possiamo ben poco però alcune azioni quotidiane e di buon senso possono mitigare enormemente il fenomeno, così come alcune azioni pratiche in campo agricolo, anche solo circoscritte ai territori interessati possono molto. Dobbiamo essere consapevoli che l’infestazione è ormai avvenuta in oltre centomila ettari di territorio isolano, così come dobbiamo essere consapevoli che è inutile irrorare con pesticidi i territori ad infezione avvenuta oppure confidare sugli insetti antagonisti.

A questo punto, se si vuole impedire che il fenomeno cresca esponenzialmente, resta solo lo strumento di arare, al momento giusto, tutti i terreni coinvolti, anche quelli destin ati al pascolo o considerati prati permanenti. So bene che la pratica dell’aratura rischia di modificare il paesaggio con la conseguente riduzione della biodiversità, ma è l’unica azione veramente efficace. La Regione Sardegna, nell’ambito di un Piano di prevenzione ed eradicazione del fenomeno, disponga l’aratura di tutti i terreni della zona interessata, coinvolga gli agricoltori del posto pagandoli per la prestazione richiesta. Così facendo ci risparmieremmo alcune regalie e si offrirebbe lavoro agli agricoltori oltre che incrementare l’occupazione.

Già segretaro regionale Flai Cgil

© Riproduzione riservata