"Monitoriamo costantemente le condizioni di sicurezza, ma finché queste ultime lo consentiranno, intendiamo rimanere al fianco del popolo libico e continuare a lavorare in prima linea per assicurare una transizione sostenibile, forti del nostro approccio improntato al massimo rispetto per la popolazione libica e,

direi, forti di un senso di responsabilità che si acuisce di ora in ora, perché ci deriva dal fatto, direi oggettivo, che siamo tra i pochi Paesi stranieri che hanno una credibilità che ci pone in condizione di interloquire con tutti gli attori libici".

Con queste parole il premier Giuseppe Conte ha riferito in Senato sul conflitto che sta infuocando la Libia e che vede opposti l'esercito del governo Serraj e le truppe del generale Haftar.

Al centro dell'informativa anche l'eventualità di un aumento delle partenze di rifugiati e sfollati dal Paese nordafricano verso l'Italia e sulle possibili infiltrazioni di soggetti vicino al terrorismo.

Conte ha spiegato che gli sfollati sono ormai 18mila e che si rischia la "crisi umanitaria".

Ma, "Per quanto riguarda le possibili conseguenze sui flussi migratori verso l'Italia o altro territorio dell'Ue - ha chiarito Conte - al momento al di là delle cifre circolate nei giorni scorsi, anche a fini propagandistici - dalle informazioni in nostro possesso non emerge allo stato un quadro di imminente pericolo".

Quanto a un possibile intervento, il presidente del Consiglio lo ha categoricamente escluso, visto che "non ci sono interessi economici o geopolitici che possano giustificare scorciatoie militari ed in ultima analisi il rischio di una nuova guerra civile in Libia".

Il ministro dell'Interno Matteo Salvini, dal canto proprio, mette in guardia: "Dalla Libia ci sono dei sicuri terroristi pronti a partire direzione Italia. Chi dice 'porti aperti' fa il male dell'Italia e dell'Europa".

(Unioneonline/l.f.)
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