La variante inglese del coronavirus si appresta a diventare il ceppo prevalente in Europa.

L'allarme si alza non per i vaccini, che dovrebbero restare efficaci, quanto per l'alta contagiosità riscontrata (fino al 70% in più): la pressione per gli ospedali potrebbe diventare insostenibile.

Oltre che nel Regno Unito, la nuova variante è stata rilevata in Australia, Olanda, Danimarca, Belgio, Italia e forse anche Germania. Più della metà dei casi di Covid segnalati nel sud-est dell'Inghilterra sono risultati collegati a questa nuova variante. La maggior parte delle persone colpite ha meno di 60 anni, in Galles l'età media è di 41 anni.

Vista la sua estrema trasmissibilità, il Consiglio europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) ha invitato i Paesi Ue a identificare immediatamente i contagiati in modo da testarli, isolarli e tracciare i loro contatti.

Tre le ipotesi fatte dall'Ecdc sull'origine del ceppo: la prima è che si sia sviluppato con una prolungata infezione da SarsCov2 in un paziente immunodepresso, in cui possono essersi accumulate più mutazioni capaci di eludere il sistema immunitario. L'altra è che, grazie ad un processo di adattamento il virus, presente negli animali, sia stato ritrasmesso all'uomo dall'animale, come accaduto negli allevamenti di visoni in Danimarca e Olanda. La terza ipotesi è che la variante sia emersa attraverso la circolazione in Paesi con poca o inesistente copertura di sequenziamento genetico. Qualsiasi sia l'origine, quello che appare probabile è che i laboratori europei dovranno ricontrollare e aggiornare i nucleotidi usati nei vari metodi diagnostici del SarsCov2, quali i tamponi molecolari e i test antigenici.

"La variante del virus individuata in Gran Bretagna non è rilevabile da tutti i test attualmente disponibili - avverte il virologo Francesco Broccolo - La rileviamo solo se la cerchiamo con il sequenziamento, un esame che solo alcuni laboratori possono condurre".

(Unioneonline/D)
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