Quasi per miracolo era rimasta illesa quando, all’aeroporto di Bruxelles-Zaventem, l’Isis aveva portato a termine un attentato facendo esplodere due bombe e uccidendo 16 persone (più i due terroristi). Lei, Shanti De Corte, seppur viva era probabilmente morta insieme a tanti suoi amici che erano con lei quel giorno, il 22 marzo 2016, pronti a partire per Roma per festeggiare la fine degli studi medi superiori.

Alle 7.58 la prima detonazione (LE FOTO), con l’ordigno posizionato a pochi metri dalla ragazza. Intorno la totale devastazione ma Shanti – che viveva ad Anversa, in Belgio - non si era fatta praticamente nulla.

Nell’elenco delle vittime della strage c’è anche il nome di Jennifer Scintu, origini ad Ales ma nata e cresciuta in Germania, che era col marito in aeroporto: stavano andando a New York per festeggiare il loro primo anniversario di matrimonio.

Jennifer Scintu (Archivio L'Unione Sarda)
Jennifer Scintu (Archivio L'Unione Sarda)
Jennifer Scintu (Archivio L'Unione Sarda)

La mente e il cuore di Shanti non hanno mai superato quell’episodio. Da allora è entrata e uscita dagli ospedali psichiatrici molte volte, ha subìto abusi sessuali, si è imbottita di antidepressivi e psicofarmaci.

Pochi mesi fa la scelta più difficile, quella di chiedere l’eutanasia, portata a termine il 7 maggio. A 23 anni. Circondata dai suoi genitori, si è sentita “liberata” dai suoi incubi.

"Ho riso e pianto fino all'ultimo giorno", ha lasciato scritto sul suo profilo Facebook. "Ora me ne vado in pace. Sappiate che già mi mancate".

Del caso di Shanti si torna a parlare ora dopo che un famoso neurologo belga ha esposto le sue critiche alla concessione dell’eutanasia. La commissione federale responsabile del controllo sulla pratica ha però chiuso il discorso: la legge – ha sostenuto – è stata pienamente rispettata e la ragazza "era in un tale stato di sofferenza mentale che la sua domanda è stata logicamente accettata".

(Unioneonline/s.s.)

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