Israele-Palestina e Russia-Ucraina: scenari diversi e soluzioni congiunte per il principio di autodeterminazione dei popoli?
È forse ora che la diplomazia si riappropri del suo protagonismo per far valere l’universalità del diritto internazionale ed il rispetto dei diritti umaniPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Le Nazioni Unite, per la prima volta, avrebbero parlato di carestia a Gaza “interamente provocata dall’uomo” (cfr. Integrated Food Security Phase Classification) a causa del blocco degli aiuti da parte di Israele. Stando alle fonti giornalistiche, poi, Donald Trump, nei giorni scorsi, ossia nel bel mezzo del dibattito teso a definire le modalità con cui si dovrebbe intervenire per garantire la sicurezza di Kiev in caso di accordo di pace, magari con il coinvolgimento della Nato e dei Paesi Europei, si sarebbe risoluto nel senso di fare un passo indietro nella mediazione tra Russia e Ucraina per indurre i rispettivi leader all’organizzazione di un bilaterale senza il suo intervento. Per poi, proprio nel giorno dell’Indipendenza dell’Ucraina, ribadire, lo stesso Presidente degli Stati Uniti d’America, con un messaggio inviato per l’occasione, che “è ora di porre fine alla carneficina in Ucraina”.
Al di là delle altalenanti dichiarazioni di Donald Trump, due sono gli scenari maggiormente critici che richiederebbero, oggi più che mai, un medesimo unanime intervento della migliore diplomazia internazionale per mettere a tacere le armi e risolvere politicamente le situazioni di carattere territoriale ancora pendenti. Tanto più allorquando si voglia ricordare, con riferimento alla situazione stigmatizzata dalle Nazioni Unite a Gaza, che, a rigore, la fame, utilizzata alla stregua di arma di guerra e proibita dalle Convenzioni di Ginevra, è considerata crimine dalla Corte Penale Internazionale, ed è espressamente condannata dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, che riconosce il diritto al cibo come diritto umano fondamentale. Ed ancor di più allorquando l’azione militare portata avanti da Israele e diretta alla occupazione di Gaza, rischia di compromettere definitivamente la questione centrale della stessa sistemazione territoriale tra Israele e Palestina e quindi, in breve, la soluzione da sempre auspicata di “Due Popoli, Due Stati”, la quale, seppur complessa da realizzare, resta ancora oggi, e invero nonostante tutto, più semplice di una soluzione che preveda uno Stato bi-nazionale.
Ma, allora, quello stesso Occidente già riunitosi a Washington per l’Ucraina per discutere sulla estensione delle garanzie Nato per Kiev, potrebbe parimenti riunirsi per discutere della pace in Medio Oriente e della potenziale presenza temporanea di un sistema provvisorio guidato dalle Nazioni Unite utile a garantire l’osservanza i diritti civili, politici, religiosi e culturali di tutti i cittadini della Palestina? Sarebbe un segnale fortissimo a livello planetario di piena affermazione del diritto all’autodeterminazione dei popoli, inviolabile ed intangibile nel contesto di qualsivoglia nuovo ordine mondiale. E sarebbe, inoltre, il segnale indiscusso di unitarietà e di forza dell’Occidente nel suo complesso al di là ed oltre singoli rapporti di forza di carattere nazionale.
Si tratterebbe, né più né meno, che di dare piena realizzazione allo stesso principio dell’universalità del diritto internazionale e che, in caso contrario, ne uscirebbe snaturato nei suoi contenuti a favore di quelle che si potrebbero definire le “geometrie variabili” dei singoli. Ogni situazione critica andrebbe affrontata con una unica linea comportamentale valida a livello internazionale, senza se e senza ma al fine di assicurare la migliore efficacia dell’intervento della stessa Comunità Internazionale in un contesto globale che continua a risultare segnato e compromesso da pesanti conflittualità. La Diplomazia deve riappropriarsi del suo protagonismo per far valere l’universalità del diritto internazionale ed il rispetto dei diritti umani.
Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro