Il premier canadese Carney sfida Trump: «Non siamo in vendita». Il presidente: «Mai dire mai»
Primo confronto tra i due leader, il tycoon per tutto il colloquio insiste sui presunti vantaggi di diventare il 51esimo Stato americanoLa stretta di mano, il picchetto ufficiale, le congratulazioni per una «grande vittoria». Il primo faccia a faccia tra Donald Trump e Mark Carney, che solo sei settimane fa è stato eletto premier del Canada trainato da una piattaforma anti-tycoon, è andato apparentemente bene, considerando le premesse. Nessuno scontro diretto come quello ormai passato alla storia dello Studio Ovale con Volodymyr Zelensky, al quale il presidente ha accennato nel bilaterale con il canadese. Ma neppure grandi passi avanti sui dossier principali che dividono i due vicini in questo momento: i dazi e le mire americane su Ottawa.
«Non siamo in vendita e non lo saremo mai», ha chiarito subito Carney. «Come sa, alcuni posti non si possono comprare», ha detto il premier. Il tycoon ha, invece, replicato «mai dire mai», insistendo sui presunti vantaggi per il Canada se diventasse il 51esimo Stato americano per tutto il colloquio. «Sarebbe un matrimonio meraviglioso, per i canadesi sarebbe un enorme vantaggio essere parte degli Stati Uniti». Il commander in chief ha poi assicurato di «voler essere amico del Canada, al di là di tutto. È un posto speciale» e ha colto l'occasione per lanciare una frecciatina al predecessore di Carney, Justin Trudeau, con il quale i rapporti erano degenerati.
«Lo chiamavo governatore, forse questo non l'ha aiutato», ha ironizzato Trump che, invece, si è congratulato con il premier per il suo «grande ritorno, quasi quanto il mio». Sull'altra e forse più pressante questione, quella delle tariffe, almeno ufficialmente non è stato compiuto alcun progresso. Poco prima di ricevere il premier alla Casa Bianca il presidente aveva sferrato un durissimo attacco contro il vicino su Truth. «Non vedo l'ora di incontrare il nuovo primo ministro del Canada, Mark Carney, e desidero tanto lavorare con lui, ma non riesco a capire una semplice verità: perché l'America sovvenziona il Canada con 200 miliardi di dollari all'anno, oltre a fornirgli protezione militare gratuita e molte altre cose? - ha tuonato - Non abbiamo bisogno delle loro auto, della loro energia, non abbiamo bisogno del loro legname, non abbiamo bisogno di nulla di ciò che hanno, a parte la loro amicizia, che speriamo di mantenere sempre. Loro, d'altra parte, hanno bisogno di tutto da noi!». Parole di fuoco, ripetute anche durante il faccia a faccia.
«Non facciamo molti affari con il Canada, loro fanno molti affari con noi», ha affermato il presidente citando le attrezzature militari «di prima qualità» che i canadesi comprano dagli Usa. E quando un reporter ha chiesto se ci fosse qualcosa che Carney possa dire per far annullare i dazi contro il Canada Trump ha risposto un secco "no", salvo poi dichiarare che gli piacerebbe stringere un «nuovo accordo commerciale» con il vicino. Il premier canadese da parte sua ha sottolineato che l'USMCA, l'intesa tra Messico, Canada e Stati Uniti, è una «base per negoziati più ampi» e che alcuni aspetti dovranno cambiare, suggerendo che Trump ha sfruttato parti dell'accordo per gestire l'aumento delle tariffe. Il tycoon è tornato anche sulla Cina - «vuole negoziare ma li incontreremo al momento giusto» - e sugli altri Paesi con i quali è in corso una guerra commerciale insistendo che sono loro ad essere sotto pressione e non gli Stati Uniti.
«Devono firmare accordi con noi. Vogliono una fetta del nostro mercato. Noi non vogliamo una fetta del loro», ha ribadito paragonando l'America a un negozio di «super lusso» che concede grandi promozioni. Il presidente ha, inoltre, accennato ad un «grande annuncio» che farà alla fine di questa settimana o lunedì, prima di partire per l'Arabia Saudita, ma non ha voluto precisare se si tratti di dazi. «Sarà molto positivo», si è limitato a dire.
(Unioneonline)