Covato sotto la cenere per lungo tempo, il controverso piano E1 per «seppellire l'idea di uno Stato palestinese» potrebbe presto diventare realtà. È stato il falco dell'estrema destra israeliana Bezalel Smotrich a rilanciare il progetto, assicurando di avere dalla sua parte Benyamin Netanyahu e Donald Trump: l'obiettivo è costruire 3.400 unità abitative per i coloni in Cisgiordania, dividendo in due il territorio amministrato dall'Anp e isolando Gerusalemme est.

Una fuga in avanti condannata da mondo arabo e Ue. Il piano del corridoio E1 (East 1) è stato congelato per 20 anni per la forte opposizione internazionale, perché impedirebbe la creazione di un'area urbana palestinese continua che colleghi Ramallah, Gerusalemme Est e Betlemme.

Ora però, in vista di un'occupazione totale di Gaza, anche l'annessione della Cisgiordania è tornata ad essere un cavallo di battaglia per gli ultraortodossi. «Chi oggi vuole riconoscere uno stato palestinese riceverà una risposta da noi sul campo: case, quartieri, strade e famiglie ebree che costruiscono le loro vite», sono state le parole del ministro delle Finanze Smotrich in una conferenza stampa dall'insediamento di Maale Adumim, da cui partirebbe l'espansione.

«Chiedo al primo ministro Netanyahu di applicare la sovranità israeliana in Giudea e Samaria, abbandonare l'idea di dividere il paese e garantire che entro settembre gli ipocriti leader europei non abbiano più nulla da riconoscere», ha tuonato il leader di Sionismo Religioso, puntando il dito contro Paesi come la Francia che riconosceranno la Palestina durante l'Assemblea generale dell'Onu.

L'Anp ha condannato fermamente questo progetto e ha chiesto «un intervento internazionale e sanzioni per fermarne l'attuazione». Sulla stessa linea le capitali arabe Amman, Baghdad e Doha. Nel mirino, anche le recenti dichiarazioni di Netanyahu, che si è detto molto «molto legato» alla visione del «Grande Israele»: un territorio che, nell'interpretazione biblica risalente al regno di Salomone, comprende non solo i territori palestinesi ma anche parti di Giordania, Libano e Siria.

Anche la Commissione Ue ha ribadito la sua contrarietà a «qualsiasi modifica territoriale che non faccia parte di un accordo politico tra le parti interessate». Di opposto avviso gli Stati Uniti: per il Dipartimento di Stato «una Cisgiordania stabile mantiene Israele sicuro ed è in linea con l'obiettivo di questa amministrazione della pace nella regione».

La spinta israeliana a polverizzare ogni speranza di un futuro Stato palestinese si avverte già nella Striscia, dove l'Idf prepara l'offensiva su Gaza City. Netanyahu ha dato tempo fino alla scadenza simbolica del 7 ottobre, creando una finestra per riaprire i colloqui con Hamas, ma allo stesso tempo ha chiarito che accetterà solo un'intesa che porti al rilascio di tutti gli ostaggi. 

(Unioneonline)

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