Afghanistan, luglio 2020. In un villaggio della provincia centrale di Ghor un commando di talebani si aggira armato tra le case, alla ricerca di qualcosa. O, meglio, di qualcuno: il capovillaggio, che anziché abbracciare la causa dei ribelli islamisti ha deciso di schierarsi con il governo legittimo di Kabul.

Individuata l'abitazione giusta, i miliziani fanno irruzione e trascinano fuori il capovillaggio. Poi, a sangue freddo, aprono il fuoco e lo uccidono. Sulla soglia accorre la moglie dell'uomo. Disperata, la donna inizia a urlare e a inveire contro gli assassini. E questi ultimi non ci pensano due volte: sparano ancora e uccidono anche lei. Un raid perfetto.

Anzi no. Il commando non aveva messo in conto un dettaglio. Il coraggio, scaturito dalla disperazione e dal dolore, della figlia maggiore della coppia trucidata: Qamar, appena adolescente.

La ragazzina, nascosta in casa assieme al fratello minore, consapevole del massacro appena avvenuto davanti alla soglia della sua casa, ha imbracciato il kalashnikov custodito dal padre. Un'arma terribile, micidiale, mai usata prima di allora. Ma sono bastati la rabbia e lo strazio a insegnarle tutto quello che c'era da sapere. La giovane è uscita fuori col mitragliatore spianato e ha premuto il grilletto contro i carnefici dei suoi genitori. Due sono rimasti a terra, morti. Altri due sono riusciti a fuggire, tornando in seguito con i rinforzi. Ma la ribellione di Qamar ha infuso coraggio agli altri abitanti del villaggio. Che si sono a loro volta armati, respingendo il nuovo attacco talebano.

La storia della "vendetta di Qamar" (storia truce, che segnerà la sua vita per sempre, ma emblematica della situazione che vive tuttora l'Afghanistan) ha presto fatto il giro mondo. E in patria la giovane è diventata una sorta di eroina nazionale per tutti coloro che si oppongono alla fazione talebana e appoggiano il governo di Kabul.

Dopo l'accaduto, la ragazza - che ha un'età compresa tra i 14 e i 16 anni - e il suo fratellino sono stati portati dalle autorità in un luogo protetto, per evitare ulteriori rappresaglie.

Non è invece rimasta segreta la foto scattata a Qamar con in braccio il kalashnikov utilizzato per la sua vendetta, finita sui principali media nazionali e internazionali e condivisa da migliaia e miglia di utenti dei social, pronti ad acclamare, così come ha fatto anche il presidente Ashraf Ghani, "l'indomita giovane, simbolo del coraggio e della volontà di resistere del popolo afghano".

(Unioneonline/l.f.)
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