Paurosa carneficina in Messico, dove una decina di mormoni statunitensi - tra cui almeno 4 bambini e due gemelli neonati di sei mesi - sono stati uccisi a colpi d'arma da fuoco in un'imboscata.

Alcuni di loro sono stati addirittura bruciati vivi. Secondo la polizia la strage è opera dei cartelli della droga.

Il massacro è avvenuto a Rancho de la Mora, dove il gruppo - che viaggiava in automobile - è stato colto in un'imboscata.

La zona è infestata da banditi e trafficanti di droga. Ancora "incerto" il numero delle vittime: per alcuni sarebbero nove, per altri più di dieci.

La cosa certa è che tutti appartengono alla folta comunità mormone e che tutti sono di origine statunitense, in Messico svolgono attività missionaria per la loro chiesa.

Secondo quanto riferito da uno dei leader della comunità e cugino di una delle vittime, Julian Lebaron, il gruppo si stava dirigendo verso il confine americano per andare a prendere un parente all'aeroporto di Phoenix, negli Usa, quando è stato colpito. Viaggiavano in un convoglio di vari automezzi, in uno dei quali sono stati trovati i corpi di una madre con i suoi quattro figli, crivellati di proiettili. Poco più avanti altre due auto, al loro interno i cadaveri di altre due donne e due bambini. Altri cinque o sei bimbi sarebbero riusciti a fuggire e tornare a casa, altri risultato ancora dispersi, come una ragazza fuggita nel bosco per nascondersi e non ancora ritrovata.

Più che all'attività religiosa, il movente dell'omicidio potrebbe essere riconducibile all'attività anticrimine che svolgono alcune comunità di mormoni in Messico. Il fratello di Julian Lebaron, Benjamin, fu assassinato nel 2009 per aver fondato un gruppo di lotta al crimine chiamato Sos Chihuahua.

I mormoni che si trovano in Messico sono in gran parte andati via dagli Usa per sfuggire alla repressione della poligamia praticata nella loro religione. Quasi tutti godono della doppia cittadinanza, messicana e statunitense.

(Unioneonline/L)
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