Nella loro auto diretta a Bondi Beach avevano caricato i fucili per uccidere quanti più ebrei possibile e due bandiere, nere, per testimoniare la loro fedeltà al terrorismo islamico internazionale dell'Isis.

Per l'Australia ora è il momento del dolore, con fiaccolate e commemorazioni in tutto il paese, ma anche quello delle indagini e della riflessione. Sulla circolazione delle armi - la cui legislazione, già severa, sarà inasprita - ma anche sui controlli nei confronti dei soggetti a rischio. Perché, così ha fatto sapere l'intelligence di Canberra, Said e Naveed Akram, 50 e 24 anni, padre e figlio di origine pakistana responsabili della morte di 15 persone e del ferimento di altre 42, dal 2019 avevano giurato fedeltà allo Stato Islamico. Ciononostante, il giovane - rimasto ferito gravemente - aveva un regolare porto d'armi, mentre il padre - ucciso dalla polizia - aveva la licenza per detenerne sei, e le ha portate tutte quante sul ponticello pedonale di Bondi Beach per usarle contro degli innocenti.

Naveed era stato, come si dice, 'attenzionato' sei anni fa, quando la polizia aveva sventato un altro attentato. Il ragazzo era considerato legato a Isaak El Matari, l'autoproclamato comandante di Daesh in Australia, tuttora in carcere. Ma dopo sei mesi di indagini si era concluso che Naveed non era da considerarsi una minaccia. Lui e suo padre avrebbero agito da soli: la polizia non crede che avessero altri complici. «Non ci sono prove di collusione, né che queste persone facessero parte di una cellula», ha dichiarato all'emittente australiana Abc il primo ministro Anthony Albanese, ma erano "chiaramente" motivati da "un'ideologia estremista".

Secondo la Bbc, che cita una testata locale, avevano detto alla loro famiglia che uscivano per andare a pesca.

La prima reazione del governo di Canberra è stata quella di annunciare un intervento urgente sulle norme che regolano il possesso di armi. Leggi che risalgono a trent'anni fa, quando un'altra strage - Port Arthur, 35 morti - portò l'Australia a fissare paletti molto rigidi. Adesso Albanese sta preparando un giro di vite: sul tavolo ci sono controlli più accurati dei precedenti di chi chiede una licenza, lo stop al porto d'armi per gli stranieri e una limitazione dei tipi di arma ritenuti legali. Il primo ministro ha inoltre respinto le accuse del premier israeliano Benyamin Netanyahu, secondo il quale il riconoscimento da parte dell'Australia dello Stato palestinese avrebbe alimentato l'antisemitismo: non c'è alcun collegamento, ha detto, e del resto «la stragrande maggioranza del mondo riconosce la soluzione dei due Stati come la via da seguire in Medio Oriente».

(Unioneonline)

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