Sempre più tesa e complicata appare di giorno in giorno la situazione a Marawi, città della grande isola di Mindanao, nel sud delle Filippine, dove martedì scorso i militanti armati del gruppo islamista Maute, che ha giurato fedeltà allo Stato islamico, hanno lanciato un sanguinoso assedio, con una serie di violenze, tra uccisioni, esecuzioni e sequestri.

I servizi di polizia e di sicurezza hanno imposto il coprifuoco notturno e hanno aumentato la loro presenza per le strade, mentre oltre il 90 per cento della popolazione, che raggiunge i 200mila abitanti, è fuggita dopo che si sono verificati violenti scontri e raid aerei condotti con gli elicotteri dalle forze regolari di Manila.

Molti si sono trasferiti a Iligan City, a 38 km a nord di Marawi, mentre sono ancora migliaia i residenti intrappolati nelle zone contese.

Secondo i dati forniti dall'esercito, sono stati uccisi finora più di 60 jihadisti, mentre ci sono state 20 vittime tra i militari e 19 tra i civili, compresi donne e bambini.

Le violenze a Marawi sono scoppiate quando l'esercito filippino ha tentato di catturare Isnilon Hapilon, leader islamico estremista sulla cui testa l'Fbi ha messo una taglia da 5 milioni di dollari.

Attaccati dalle forze governative, Hapilon e oltre una dozzina dei suoi uomini hanno trovato il sostegno dei guerriglieri Maute riuscendo a entrare armati di tutto punto in città.

DUTERTE E LA LEGGE MARZIALE - Intanto il presidente Rodrigo Duterte ha proclamato la legge marziale in tutta Mindanao e ha detto alle truppe che li proteggerà se commettono abusi durante il conflitto, stupri inclusi, sollevando le proteste di attivisti di diritti umani e dell'opposizione politica.

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