Il premier François Bayrou è arrivato all'Eliseo a mezzogiorno, e ne è uscito circa un’ora e mezza dopo, per presentare le sue dimissioni al presidente Emmanuel Macron, dopo la caduta del suo governo ieri all'Assemblea Nazionale.

Bayrou ha varcato i cancelli del 55 di Rue du Faubourg Saint-Honoré a bordo della sua auto di servizio poco prima delle 13:30. Ieri il presidente aveva «riconosciuto» il rifiuto dei parlamentari di concedergli la fiducia e ha promesso di nominare il suo successore «nei prossimi giorni». Al momento, Bayrou resta primo ministro dimissionario per gestire gli affari correnti.

Ieri sono mancati all'appello quasi 20 voti dello "zoccolo comune", i componenti della coalizione di maggioranza. Il premier chiedeva la fiducia sul suo progetto di finanziaria con 44 miliardi di euro di tagli, due giorni festivi in meno e conferma dell'odiata riforma delle pensioni. Uno tsunami di no lo ha travolto, 364 contro i 194 sì. E mentre centinaia di persone festeggiavano in strada il crollo, adesso, come ha subito commentato il tribuno della sinistra più radicale, Jean-Luc Mélenchon, «in prima linea c'è Macron davanti al popolo. E anche lui deve andare a casa».

In tutti gli interventi delle opposizioni in Parlamento, è risuonato il nome di Macron come quello del vero colpevole della crisi e di questo nuovo "salto nel buio" del Paese. Che è arrivato al quarto primo ministro in un anno e mezzo, il terzo dalle elezioni anticipate (e perse) dalla maggioranza lo scorso luglio. Una novità assoluta per la Quinta Repubblica, nata anche inseguendo la stella polare della stabilità e finita sessant'anni dopo nel suo esatto contrario.

Uno spiraglio di dialogo arriva dall'ex premier, e oggi capo del partito macroniano Renaissance, Gabriel Attal. Prima ancora di un premier, ha chiesto a Macron la nomina di un «negoziatore» per arrivare ad un «accordo di interesse generale» tra «le forze repubblicane»: la novità assoluta in questa fase della storia francese, è quella di cercare un accordo ancora prima di scegliere un primo ministro. In concreto, il negoziatore non dovrebbe essere poi il futuro primo ministro, ma sarebbe incaricato di riunire per alcune settimane tutti i capi dei partiti rappresentati in Parlamento per trovare un «compromesso sul bilancio». Il futuro premier sarebbe poi «il garante di tale accordo». Un tecnico? Per Attal si tratterebbe di una personalità del mondo politico o sindacale, una figura «consensuale capace con il suo nome di riunire attorno al tavolo i leader politici». Sarebbe un accordo temporaneo, che darebbe vita successivamente a una sorta di «governo di scopo» la cui missione principale e più urgente sarebbe «quella di arrivare a un bilancio per il 2026». 

Più che contraria Marine Le Pen: «Un'assoluta sciocchezza», è la sonora bocciatura della leader del Rassemblement National. «Non siamo in una cellula di sostegno psicologico. O c'è un primo ministro capace di trovare una via per non venire sfiduciato quando presenterà la manovra finanziaria o questo primo ministro è incapace di trovare una via. In questo caso, rimetteremo ovviamente sul tavolo la questione dello scioglimento, perché è l'unico nonché il miglior mezzo della nostra Costituzione per poter uscire da una crisi politica che potrebbe trasformarsi in crisi di regime».

(Unioneonline)

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