Sono passate solo poche ore da quando la Corte Suprema americana ha ufficializzato la decisione di abolire il diritto federale all’aborto, lasciando a ogni Stato la facoltà di prendere una decisione in merito, e per il secondo giorno consecutivo da Washington al New Mexico, da New York a Seattle, le proteste infiammano gli Stati Uniti.

"Marce ogni giorno", era stata la promessa delle organizzazioni che difendono i diritti riproduttivi delle donne - Planned Parenthood, Bans Off Our Bodies e Women's March - e finora così è stato. Anche oggi migliaia di persone sono scese per le strade delle principali città americane e hanno dichiarato guerra alla sentenza della Corte. Davanti al massimo tribunale a Washington l'afflusso di gente non si è fermato per 48 ore.

Il principale ponte della capitale americana, Frederick Douglass Memorial Bridge, è stato chiuso per diverse ore dopo che un attivista, Guido Reichstadter, si era arrampicato e aveva srotolato uno striscione verde, il colore simbolo del diritto all'aborto.

Cortei anche a New York, Los Angeles, Seattle, Austin, Miami, Atlanta e in tante altre città. La polizia ha sparato i lacrimogeni contro i dimostranti a Phoenix che, secondo gli agenti, stavano tentando un assalto al Senato dell'Arizona. "Gli agenti hanno usato i lacrimogeni dopo che una folla di manifestanti ha ripetutamente colpito le porte di vetro dell'edificio del Senato", ha spiegato il portavoce del dipartimento della sicurezza dell'Arizona Bart Graves.

Paura anche durante una manifestazione a Cedar Rapids, in Iowa, quando un pick-up guidato da un uomo di circa 60 anni si sarebbe lanciato contro la folla. Una donna è stata ricoverata in ospedale ma non ci sono stati altri feriti. Secondo testimoni la protesta, alla quale hanno partecipato circa 400 persone, si stava svolgendo in modo pacifico prima dell'incidente. La polizia ha sminuito parlando di una banale lite tra i manifestanti: l’autista non si sarebbe fermato al semaforo.

(Unioneonline/D)

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