Mentre la Procura della Federcalcio apre un'indagine sulla vicenda relativa al licenziamento di una dipendente della Roma, dopo che un calciatore della Primavera le aveva sottratto un video hard e lo aveva diffuso tra i compagni, la Roma si difende. A essere licenziati sono stati entrambi, e non solo lei, dice la società giallorossa, ribadendo di ritenere «corretto» il proprio operato e definendo la campagna di questi giorni «un tentativo di destabilizzare la squadra nel clou della stagione sportiva».

Dalla Roma vengono respinte le accuse di discriminazione sessuale e disparità di trattamento, etichettandole come «inesistenti» e parlando «di fatti strumentalizzati ad arte». Viene sottolineato poi come i due dipendenti, l'uomo e la donna, «sono stati licenziati allo stesso giorno e alla stessa ora» perché «c'era l'impossibilità di proseguire il rapporto lavorativo», anche considerando che i due avevano un «coordinamento diretto con i minorenni».

La Roma precisa anche che il licenziamento «è una conseguenza di una circostanza contraria al codice etico del club» e non come sostiene invece la dipendente per «incompatibilità ambientale» dovuta alla diffusione del filmato nella società. Video, secondo la Roma, che al suo interno conterrebbe anche «una trattativa privata riguardante corsie preferenziali lavorative», essendo l'uomo, all'epoca dei fatti, il capo di lei. Nella lunga nota della società dei Friedkin, nessun riferimento al comportamento del tesserato della Primavera che ha invece rubato il video dallo smartphone della dipendente per poi diffonderlo.

E su questo vuole vederci chiaro la procura federale che ovviamente non indaga sul licenziamento (la competenza è semmai di un giudice del lavoro), ma sulla responsabilità di tesserati giallorossi relative alla diffusione di video privati della dipendente. Gli interrogatori con il procuratore federale, Giuseppe Chiné, sono già cominciati e l'ultimo che sarà ascoltato sarà proprio il calciatore. Prima gli altri testimoni (tra cui l'ex dipendente) e probabilmente anche la Ceo, Lina Souloukou. Al giocatore sarebbe contestato l'articolo 4 del codice di giustizia sportiva, quello legato ai principi di lealtà, correttezza e probità, mentre alla Roma il 6 per responsabilità oggettiva. 

(Unioneonline/D)

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