Sessanta milioni di euro per danno d'immagine.

Il ministero dell'Interno chiede un risarcimento ai tre poliziotti accusati di aver depistato le indagini relative alla strage di via D'Amelio, dove il 19 luglio del 1992 morirono in un attentato mafioso il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta.

La richiesta da parte del Viminale è arrivata nella prima udienza del processo, celebrato a Caltanissetta, che vede imputati gli ispettori Fabrizio Mattei, Michele Ribaudo e il funzionario Mario Bo, accusati di concorso in calunnia.

I tre facevano parte del pool investigativo creato dopo le stragi del 1992, per fare la luce sulla morte del giudice palermitano e di Giovanni Falcone.

Per l'accusa i tre poliziotti avrebbero suggerito una falsa ricostruzione dell'attentato, agendo con l'aggravante di avere agevolato Cosa nostra.

In particolare, avrebbero manovrato le dichiarazioni rese dal "falso pentito" Vincenzo Scarantino, costringendolo a fare nomi di persone che non erano coinvolte nell'attentato.

In base a quanto raccontato da Scarantino, sette persone vennero condannate all'ergastolo.

A scagionarli le nuove indagini aperte dalla Procura siciliana grazie alla collaborazione del boss Gaspare Spatuzza.

I sette condannati sono stati assolti nel giudizio di revisione e oggi, come parti offese della calunnia, sono parte civile nel procedimento ai tre investigatori.

(Unioneonline/F)
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