«Accetto l’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, sono sinceramente pentito e non voglio attenuanti». Con una lettera agli uffici giudiziari di Tribunale e Corte d'Appello di Venezia, Filippo Turetta aveva rinunciato al processo d’appello proprio mentre i suoi legali preparavano il ricorso per escludere la premeditazione ed evitare l’ergastolo.

Ma il processo d’appello si farà lo stesso, il ricorso contro la sentenza di primo grado lo ha fatto la Procura generale, che punta a ottenere il riconoscimento delle aggravanti della crudeltà e dello stalking, escluse in primo grado dalla Corte d'assise di Venezia che lo scorso 3 dicembre aveva condannato Turetta al massimo della pena per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dal rapporto affettivo con la vittima, nonché per sequestro di persona e occultamento di cadavere.

In ogni caso la pena non può aumentare, l'ergastolo è quella massima prevista dall'ordinamento. L'eventuale riconoscimento delle aggravanti avrebbe un valore simbolico, la cui importanza è stata sottolineata dai legali della famiglia Cecchettin, costituitisi parte civile.

Il procuratore generale Federico Prato e il sostituto Pasquale Mazzei si ritroveranno il 14 novembre in aula bunker a Mestre, davanti alla Corte d'assise d'appello presieduta da Michele Medici. La difesa di Turetta sarà rappresentata dal professor Giovanni Caruso e dall'avvocata Monica Cornaviera. Presenti anche i legali dei familiari di Giulia: Stefano Tigani, Nicodemo Gentile e Piero Coluccio.

(Unioneonline)

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