Dal 23 aprile Reis Pedroso, l'uomo di 41 anni accusato di aver ucciso Jessica Stapazzolo, 33 anni, a Castelnuovo del Garda (Verona), era sottoposto a divieto di avvicinamento alla compagna e ai luoghi che lei frequentava, mantenendosi a una distanza di 500 metri da entrambi, con applicazione del braccialetto elettronico. Gli era vietato contattarla con qualsiasi mezzo e gli era stato applicato il divieto di dimora nel Comune di Ponti sul Mincio dove la donna era domiciliata.

Lo scrive la Procura di Verona in una nota. Il braccialetto elettronico gli era stato installato il 19 maggio «per espressa comunicazione da parte di Fastweb Spa» e a Jessica Stapazzolo era stato consegnato l'apposito apparato ricevitore spiegandole il funzionamento. Tuttavia, al momento del fermo, Reis Pedroso è stato trovato senza il braccialetto elettronico e i Carabinieri lo stanno attualmente ancora cercando, mentre l'apparato consegnato da FastWeb alla donna uccisa è stato rinvenuto nascosto nel garage della abitazione della madre a Ponti Sul Mincio.

Sono in corso investigazioni per il rintraccio del braccialetto elettronico e per capire quando e dove Reis Pedroso se ne sia disfatto. 

Pedroso secondo una prima ricostruzione ha aggredito la compagna in casa «con un numero imprecisato, ma comunque smisurato di coltellate». Sia lui che la vittima sono brasiliani. L'allarme è stato lanciato da alcuni amici della vittima che non la sentivano più da sabato e si sono preoccupati perché la donna non rispondeva alle chiamate ed ai messaggi. Questa mattina è stato scoperto il corpo senza vita nella casa di Castelnuovo del Garda. Sarà il medico legale a stabilire data e ora del decesso. Al momento della scoperta del cadavere in casa non c'era il compagno, che aveva chiamato i Carabinieri verso mezzanotte, manifestando intenti suicidi. L’uomo è poi è stato bloccato e arrestato dai Carabinieri.

Parla di «fatto terribile, aggravato da elementi che destano sconcerto» il governatore veneto Luca Zaia. «L'indagato risultava già sottoposto a procedimento penale per maltrattamenti, lesioni volontarie e altre gravi accuse, e dal mese di aprile era destinatario di una misura cautelare con divieto di avvicinamento e applicazione del braccialetto elettronico», sottolinea. «Tuttavia, al momento del fermo, l'uomo non indossava il dispositivo, e l'apparato consegnato alla vittima è stato rinvenuto in un garage, non attivo. È una situazione che pone domande inquietanti e che impone una riflessione seria. È necessario capire se le tecnologie attualmente in uso per la protezione delle donne sottoposte a minacce o a misure restrittive siano davvero efficaci e se possano essere ulteriormente migliorate e sviluppate, ad esempio con sistemi integrati ai telefoni cellulari delle vittime, in grado di fornire segnalazioni tempestive e tracciabilità continua in caso di manomissione o disattivazione del dispositivo».

(Unioneonline)

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