Manca poco al lockdown delle regioni considerate rosse secondo i criteri stabiliti nell'ultimo decreto del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: Lombardia, Piemonte, Valle D'Aosta e Calabria.

E gli amministratori non ci stanno: Attilio Fontana ha saputo del lockdown della Lombardia, dice, "con un messaggino mentre Conte era in televisione. E poi parlano di collaborazione". Uno dopo l'altro, i governatori hanno invocato "chiarezza", criticato la mancanza di un criterio di "valutazione oggettivo", accusato l'esecutivo di aver fatto scelte su dati vecchi.

"Non ho ancora capito come e perché il governo abbia deciso di usare misure così diverse per situazioni in fondo molto simili" attacca il presidente del Piemonte Alberto Cirio, chiedendo una verifica e criticando la mancanza di un metodo "oggettivo". "Chiarezza" chiede anche l'altro governatore 'rosso', il valdostano Erik Lavevaz mentre il presidente facente funzioni della Regione Calabria, Nino Spirlì, annuncia di voler impugnare l'ordinanza: "Non meritiamo l'isolamento".

Sono gli scienziati a replicare nel dettaglio alle critiche. E' vero che i dati risalgono a dieci giorni fa, conferma il presidente dell'Iss Silvio Brusaferro. Ma questo è "inevitabile" perché c'è un "tempo necessario per stabilizzare" i dati. Che, in ogni caso, "sono condivisi e validati da 24 settimane con le Regioni". I dati "vanno letti nella loro interezza" e "nella cabina di regia c'è un dialogo costante, tutto ciò che viene approvato è condiviso con le Regioni" aggiunge il direttore del dipartimento Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza, che poi avvisa: "Se dal nuovo monitoraggio emergerà che altre regioni hanno un livello d'allerta elevato o alto, possono finire dalla zona gialla a quella arancione o da quella arancione o rossa".

Nelle prossime ore infatti arriveranno i nuovi dati - probabilmente non domani ma sabato - relativi alla settimana 26 ottobre-1 novembre e non è affatto escluso che chi oggi si trova nella zona gialla possa finire in quelle dove sono previste maggiori restrizioni: a rischio ci sono almeno la Campania, la Liguria, il Veneto, la Toscana.

IN LOMBARDIA - In Lombardia si ribellano i sindaci: vogliono vedere i dati dei contagi con la speranza di essere esentati dal lockdown più rigido, ma il presidente della Regione Attilio Fontana frena spiegando che "l'ordinanza firmata ieri dal ministro Speranza ha decretato la zona rossa su tutto il territorio regionale senza alcuna possibilità di deroga".

"Solo successivamente - dice il governatore lombardo - dopo almeno 2 settimane sulla scorta dell'evoluzione della situazione è possibile per i presidenti di regione chiedere misure di allentamento per determinati territori".

Mentre il sindaco di Milano Beppe Sala sottolinea che "le decisioni del governo vanno rispettate" anche se il sistema che divide l'Italia in zone pare "troppo complesso", sono sul piede di battaglia i sindaci di Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova.

Hanno scritto una lettera a Fontana e al ministro Roberto Speranza, chiedendo "di avere tutti gli elementi necessari per comprendere la fase epidemica sulle nostre province e i parametri che ne determinano l'inserimento nella zona rossa, al pari di tutta la Regione".

Ancora più risoluti i sindaci leghisti del Lodigiano, il primo territorio a finire in zona rossa, lo scorso febbraio, che oggi hanno firmato una nota congiunta per dire che "un altro lockdown per il lodigiano, da un punto di vista economico e sociale, è inaccettabile". Soprattutto perché "oggi non possiamo essere paragonati ad altre zone d'Italia fortemente investite dal Covid nella misura in cui noi lo siamo stati a marzo e aprile. Questa, da parte del Governo, risulta essere un'evidente forma di accanimento nei confronti di un territorio che ha già pagato tanto e noi, in qualità di sindaci non possiamo accettarlo in maniera passiva".

Non nasconde la sua perplessità nemmeno il sindaco leghista di Pavia, Mario Fabrizio Fracassi, per il quale "è chiaro che vengano dei dubbi e che qualcuno dica che sono stati adottati criteri politici come il colore della giunta regionale, più o meno compatibile con i gusti di Palazzo Chigi. Insomma, che il colore delle zone di rischio dipenda dal colore di chi le amministra. Resta un mistero il fatto che territori considerati fino al giorno prima ad alto rischio, come la Campania, il giorno dopo siano stati inseriti nella lista delle zone, non dico arancioni, ma addirittura gialle".

(Unioneonline/D)
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