Imane Fadil, una delle testimoni chiave delle inchieste del Rubygate, è morta dopo un lungo ricovero all'ospedale Humanitas di Milano.

Il fatto risale all'1 marzo scorso, ma a comunicare il decesso della modella è stato, in queste ore, il procuratore di Milano Francesco Greco che ha confermato che "la Procura di Milano ha aperto un'inchiesta sulla sua morte e al momento tutte le ipotesi investigative sono aperte", inclusa quella di una morte per avvelenamento.

La giovane marocchina, che aveva chiesto di esser parte civile nel processo Ruby Ter che vede tra

gli imputati l'ex premier Silvio Berlusconi, proprio del probabile avvelenamento aveva parlato sia all'avvocato che al fratello.

Imane Fadil al tribunale di Milano (Ansa)
Imane Fadil al tribunale di Milano (Ansa)
Imane Fadil al tribunale di Milano (Ansa)

Nella cartella clinica di Imane Fadil, secondo il procuratore Greco ci sono "più anomalie", e per capire la causa esatta della morte "è stata disposta l'autopsia, che dovrebbe essere seguita a breve".

Della morte della modella, ricoverata dal 29 gennaio all'ospedale Humanitas, la procura ha avuto notizia "solo la scorsa settimana", rivela il procuratore, quando il difensore di Imane Fadil si è rivolto alla magistratura che indaga per omicidio.

"Sono in corso gli accertamenti sui campioni di sangue prelevati durante il ricovero - spiega il capo della procura - non si può escludere nessuna pista visto che dalla cartella clinica non emerge nessuna malattia

specifica".

La 33enne ha riferito di gonfiori e dolori al ventre, ma i medici non sarebbero per ora arrivati a nessuna diagnosi certa. Imane Fadil "durante il ricovero ha telefonato ad alcune persone, il fratello e l'avvocato, sostenendo di essere stata avvelenata. Stiamo sentendo i testimoni, verranno sentiti anche i medici dell'Humanitas, e abbiamo disposto l'acquisizione dei suoi oggetti personali", conclude il procuratore Greco.

(Unioneonline/v.l.)
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