Milioni di mascherine irregolari e pericolose per la salute. Dispositivi di protezione acquistati dalla Cina nel corso della prima, drammatica, ondata della pandemia. Un "affare" da 1,25 miliardi di euro che potrebbe costare un processo all'ex commissario straordinario per l'emergenza Covid, Domenico Arcuri.

La Procura di Roma ha, infatti, chiuso le indagini dell'inchiesta sull'acquisto di oltre 800 milioni di mascherine, effettuate con l'intermediazione di alcune imprese italiane. Oltre all'allora numero uno della struttura commissariale rischiano il rinvio a giudizio altre 11 persone. Tra loro l'imprenditore Mario Benotti, cui è contestato il traffico di influenze illecite, e Antonio Fabbrocini, responsabile unico del procedimento per la struttura commissariale accusato di frode nelle pubbliche forniture, falso e abuso d'ufficio. I magistrati di piazzale Clodio hanno fatto cadere per Arcuri le accuse di corruzione e peculato.

Sul punto il manager esprime "soddisfazione" e, commentando la notifica della chiusura dell'indagine, afferma che ora potrà "esercitare finalmente il diritto alla difesa in relazione alla residuale ipotesi di abuso d'ufficio".

I dispositivi individuali di protezione erano stati sequestrati dalla Guardia di Finanza nell'ottobre scorso. Nel provvedimento i magistrati scrivevano che "l'esame fisico/chimico delle mascherine e dei dispositivi, compiuto tanto dall'Agenzia dogane di Roma" che da "consulenti nominati" dai pm ha dimostrato che "gran parte non soddisfano i requisiti di efficacia protettiva richiesti dalle norme Uni En" e "addirittura alcune forniture sono state giudicate pericolose per la salute".

I dispositivi, sia mascherine chirurgiche che Ffp2 e Ffp3 o Kn95, non hanno passato gli esami all'"aerosol di paraffina" ed "aerosol al cloruro di sodio". Nei confronti di Arcuri i magistrati di piazzale Clodio contestano di avere nella "qualità di pubblico ufficiale - è detto nel capo di imputazione - e in concorso con Fabbrocini e in unione e concorso per mutuo accordo con l'imprenditore Vincenzo Tommasi" costituito "intenzionalmente, in capo al Tommasi, con ciò abusando del loro ufficio, un'illecita posizione di vantaggio patrimoniale".

Un modus operandi che garantiva all'imprenditore "la facoltà di avere rapporto commerciale con la pubblica amministrazione senza assumere alcuna responsabilità sul risultato della propria azione e sulla validità delle forniture che procurava; la quasi totale esclusiva nella intermediazione di fatto delle forniture di mascherine chirurgiche e dpi importati dalla Cina".

Per quanto riguarda la posizione di Benotti, accusato con altri sette di traffico di influenze, avrebbe sfruttato le "relazioni personali e occulte con Arcuri, ottenendo che quest'ultimo assicurasse ai partner" dello stesso imprenditore "un'esclusiva in via di fatto nell'intermediazione delle forniture di maschere chirurgiche e dispositivi di protezione individuali".

Nei confronti di Fabbrocini si contesta, per quanto riguarda l'accusa di falso, di avere agito "nella qualità di rup" (responsabile unico del procedimento) inducendo "il Cts ad attestare falsamente la conformità dei presidi sanitari importati alle norme Uni En". 

(Unioneonline/v.l.)

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