Stamattina anche una rappresentanza sarda tra i 1.500 Operatori socio Sanitari delle Carceri non stabilizzati al termine della pandemia.

La manifestazione si è tenuta questa mattina a Roma, in piazza Santi apostoli.

«La nostra Unità Socio Sanitaria è formata da professionisti che non si sono risparmiati dinanzi alla chiamata dello Stato soprattutto nei tempi più duri della pandemia lì dove le condizioni anche in termini di sicurezza erano precarie, soprattutto nelle carceri e nelle comunità chiuse», rivendicano.

«Scendiamo in piazza – spiegano - perché, nonostante le premesse dei vari Ministeri prevedessero di rendere il nostro impiego in pianta stabile così come previsto nella nota ministeriale del 29/03/2022 n. 0123183 del Ministero della Giustizia vidimata dal Capo Dipartimento di Protezione Civile e dal Ministero della Salute, e nonostante tutte le varie interrogazioni parlamentari delle forze politiche ad oggi governanti fatte quando si trovavano in regime di opposizione, sembrano essersi dimenticati della nostra esistenza».

«Ci siamo trovati – proseguono – a fronteggiare questa pandemia in un ambiente in fermento, non dimentichiamo le rivolte messe in atto dai detenuti nelle varie Carceri d’Italia che rendevano gli Istituti stessi un ambiente pericoloso per le persone che vi operavano all’interno, come hanno mostrato le scene trasmesse dai media nazionali, in cui si denotavano disagi sparsi in quasi tutti gli Istituti della Nazione».

«Nonostante tutto – continuano – , il personale reclutato non si è sottratto all’impiego, nonostante i timori per la propria incolumità. Abbiamo reso il nostro operato per preservare la salute sia della popolazione detenuta che di tutto il personale, compreso quello di Polizia Penitenziaria. La figura dell’operatore socio sanitario non era presente, prima del nostro arrivo, all’interno degli Istituti penitenziari, questi due anni hanno portato alla luce la necessità costante della nostra figura in tale ambito. Dopo l’ultima proroga dei nostri incarichi il mansionario si è reso oltretutto ad indirizzo ordinario, quindi stabilendo i criteri cardine di quello che è il nostro lavoro di routine in quell’area operativa a cui abbiamo fatto fronte prestando un lodevole servizio per più di due anni con dedizione per l’impiego affidatoci».

(Unioneonline/D)

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