Il governo ha stanziato 30 milioni di euro per consentire a medici di famiglia e pediatri di eseguire due milioni di tamponi antigenici rapidi, è una delle misure contenute nel decreto Ristori.

Ma l'accordo è stato firmato solo dalla Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) e non dalle altre sigle sindacali che contestano la "mancata garanzia della sicurezza di cittadini e operatori".

L'intesa è stata raggiunta sulla parte economica che prevede 18 euro al professionista per ogni tampone fatto nel suo studio e 12 euro se il tampone viene somministrato in una struttura della Asl. Il costo dei tamponi sarà interamente a carico dello Stato e non dei pazienti e ai medici verranno forniti dispositivi di sicurezza da indossare ogni volta che entreranno in contatto con un caso sospetto.

Il pomo della discordia sta nell'obbligatorietà. I medici infatti hanno l'obbligo di eseguire i tamponi, mentre non tutti i camici bianchi sono disponibili e i sindacati avevano chiesto la volontarietà.

Sull'argomento interviene anche il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta: "Al di là della effettiva disponibilità dei tamponi rapidi, diverse difficoltà ostacolano il loro immediato utilizzo negli ambulatori di medici e pediatri di famiglia, spesso strutturalmente inadeguati a garantire percorsi dedicati per sospetti casi COVID. Peraltro è necessario un adeguato training dei professionisti coinvolti nell'esecuzione dei test, perché la probabilità di risultati falsamente negativi al tampone aumenta in mani non esperte".

(Unioneonline/L)
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